SERVIZI MEDIA AUDIOVISIVI: L’AGCOM HA INDIVIDUATO I MERCATI RILEVANTI PER LA VERIFICA DI POSIZIONI DOMINANTI LESIVE DEL PLURALISMO

Con Delibera 41/17/CONS del 26 gennaio 2017, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha concluso, all’esito della consultazione pubblica sui risultati preliminari, il processo di riesame e individuazione dei mercati rilevanti del settore dei “servizi media audiovisivi” (già “servizi radiotelevisivi”) prodromica all’accertamento di posizioni dominanti vietate in base all’art. 43 del Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi e Radiofonici (TUSMAR) a tutela del pluralismo dell’informazione.

Detta norma attribuisce all’AGCOM due compiti distinti: (i) il compito di stimare la dimensione economica complessiva del Sistema Integrato delle Comunicazioni (o SIC) – un insieme di attività relative ai servizi di media, pubblicità e stampa stabilite nella norma stessa – e verificare l’eventuale superamento di determinate soglie di concentrazione (20% del SIC) da parte di singoli operatori; e (ii) il compito di individuare i mercati rilevanti che compongono il SIC per poi verificare l’eventuale esistenza di posizioni dominanti o comunque lesive del pluralismo in ciascuno di detti mercati.

Per procedere al compito di cui al punto (ii), l’AGCOM deve preliminarmente individuare e definire gli ambiti merceologici e geografici dei singoli mercati rilevanti che compongono il SIC, basandosi sia sull’elenco di attività del SIC elencate dall’art. 43, sia sui criteri di individuazione dei mercati rilevanti stabiliti dalla normativa antitrust applicabile al settore delle comunicazioni.

Questa specifica fase (c.d. Fase 1) del procedimento era stata espletata in modo approfondito e analitico con la Delibera 555/10/CONS del 28 ottobre 2010.  Tuttavia, non è stata mai svolta la Fase 2, ossia l’esame dei singoli mercati individuati nella Fase 1 al fine di accertare se in alcuni mercati siano detenute posizioni lesive del pluralismo.

Tra le attività che compongono il SIC, l’art. 43, comma 9, del TUSMAR include i “servizi media audiovisivi”, come definiti dall’art. 2 del TUSMAR stesso. Nel maggio 2015 (con Delibera 286/15/CONS), l’AGCOM ha avviato il procedimento di riesame e individuazione dei mercati rilevanti nel solo settore dei servizi media audiovisivi (non ritenendo necessario procedere simultaneamente al riesame di tutti i mercati del SIC), con l’obiettivo di verificare se la definizione dei mercati afferenti a tali servizi adottata con la Delibera 555/10/CONS fosse ancora valida, o se, invece, i mutamenti tecnologici e della struttura della domanda e dell’offerta nel frattempo avvenuti avessero modificato l’ambito merceologico e geografico di tali mercati.

A conclusione del procedimento in oggetto, con la Delibera 41/17/CONS, l’AGCOM ha confermato che, nonostante i rilevanti cambiamenti tecnologici avvenuti in questi anni e la conseguente evoluzione e diversificazione della domanda e offerta di tali servizi (tra cui si annovera l’entrata degli operatori over the top, o OTT), e pur considerando il fenomeno di convergenza tecnologica tra servizi media audiovisivi e servizi di comunicazione elettronica attraverso diverse modalità e piattaforme, perdura la netta separazione tra servizi audiovisivi a pagamento e servizi audiovisivi in chiaro. Essi quindi non sono ritenuti concorrere tra di loro all’interno del medesimo mercato rilevante, ma appartengono a distinti mercati.

In particolare, quanto all’ambito merceologico (mercato del prodotto), l’AGCOM ha stabilito che i servizi media audiovisivi a pagamento, a prescindere dalla piattaforma tecnologica tramite la quale sono trasmessi (digitale terrestre, satellite o Internet), sono accomunati da una simile struttura dei costi, un comune modello di business (fondato sulla concentrazione degli investimenti nell’accaparramento in esclusiva di contenuti premium, come film, serie TV ed eventi sportivi di grande seguito; sulla maggiore differenziazione verticale dei contenuti; sulla conseguente natura a pagamento del servizio; sul diverso rapporto con gli inserzionisti pubblicitari, che rappresentano solo una risorsa finanziaria secondaria e con spazi normativamente contingentati) e una struttura della domanda con capacità di spesa più elevata e gusti più esigenti e sofisticati rispetto quanto si riscontra nei servizi di TV in chiaro. Questi, al contrario, si rivolgono ad un pubblico con disponibilità di spesa minima o nulla per i servizi audiovisivi, meno sofisticato e più generalista rispetto alla TV a pagamento, ma decisamente più ampio; si finanziano unicamente con la raccolta pubblicitaria e (per il servizio pubblico) con i finanziamenti statali; e di conseguenza hanno una struttura dei costi e un palinsesto radicalmente diversi rispetto alla pay-tv. Ciò determina la non sostituibilità dei due servizi dal lato della domanda, sia dal punto di vista del consumatore/spettatore, sia dal punto di vista dell’inserzionista pubblicitario, posto che il target di audience è evidentemente differente rispetto alla pay-tv. Similmente, dal lato dell’offerta, per i motivi suesposti, è escluso che un operatore della TV in chiaro possa fare ingresso nel mercato della pay-tv in un breve periodo di tempo a seguito di un ipotetico aumento dei prezzi della tv a pagamento.

Nel giungere a questo conclusione, l’AGCOM ha fatto riferimento alla prassi consolidata delle decisioni della Commissione europea e delle autorità nazionali di concorrenza della UE (in particolare l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che di recente ha compiuto una propria analisi di tali mercati con il Provvedimento IC41 del 10 febbraio 2017, relativo all’indagine conoscitiva nel settore audiovisivo in Italia). Tuttavia, posto che l’AGCOM è competente ad analizzare e individuare i mercati rilevanti per scopi di tutela del pluralismo, che differiscono in parte dagli scopi di tutela della concorrenza che sono competenza della Commissione e dell’AGCM, si riscontrano alcune differenze che hanno un impatto sostanziale nell’analisi della struttura dei mercati e nell’accertamento di posizioni dominanti. Più precisamente, nell’analisi dell’AGCOM, la dimensione economica complessiva del mercato della TV in chiaro è costituita sia dai ricavi della raccolta pubblicitaria sia dai finanziamenti statali per il servizio pubblico derivanti dal pagamento del canone. Nell’analisi della Commissione e dell’AGCM, invece, il mercato della TV in chiaro tiene conto dei soli ricavi da raccolta pubblicitaria per il segmento commerciale, escludendo dall’analisi i servizi pubblici finanziati con il canone. Inoltre, l’AGCOM non ha ritenuto di segmentare ulteriormente il mercato della pay-tv a seconda della modalità di distribuzione/fruizione dei contenuti, lineare o on-demand, come invece prospettato da alcune decisioni della Commissione e di altre autorità nazionali di concorrenza.

In aggiunta, è stato chiarito, conformemente alla prassi decisionale delle autorità di concorrenza, che tutti i servizi rinvenibili sulla piattaforma Internet che non rientrano strettamente nella definizione di “servizi media audiovisivi”, come fornita dal TUSMAR (art. 2), sono esclusi dall’ambito merceologico di entrambi i mercati della TV in chiaro e a pagamento. Diversamente, sempre in linea con la citata definizione normativa di servizi media audiovisivi, sono stati ricompresi nell’ambito del procedimento i servizi di trasmissione su Internet quale il webcasting, il near video on demand, nonché i servizi di video on demand soggetti a responsabilità editoriale del fornitore.

Di contro, i servizi audiovisivi forniti gratuitamente via Internet, anche qualora questi ricadano pienamente nella suddetta definizione normativa di servizi media audiovisivi, non sono stati ritenuti parte del mercato della tv in chiaro, ma piuttosto del distinto segmento di mercato della raccolta pubblicitaria online (oggetto a sua volta di un’altra indagine conoscitiva dell’AGCOM che ne ha delineato le specifiche caratteristiche). Ciononostante, l’AGCOM ha affermato che terrà conto dell’eventuale pressione concorrenziale comunque esercitata da questi servizi su quelli della TV in chiaro nel corso della fase di analisi della struttura competitiva dei mercati dei servizi media audiovisivi (c.d. Fase 2).

Quanto al mercato geografico, l’AGCOM ha nuovamente confermato, coerentemente alla prassi decisionale della Commissione e dell’AGCM, che l’ambito territoriale dei mercati dei servizi media audiovisivi a pagamento nella UE è coincidente con il territorio nazionale. Ciò è dovuto al fatto che, dal lato dell’offerta, gli operatori programmano gli investimenti, i palinsesti e le condizioni dell’offerta complessiva sulla base dei gusti e dei profili culturali e linguistici prevalenti a livello nazionale. Per la TV in chiaro, l’AGCOM ha identificato due distinti livelli di mercato, uno nazionale e uno locale, non sostituibili tra loro, principalmente perché utenti e inserzionisti si rivolgono ad un tipo di emittenti (locali o nazionali) per esigenze diverse e non suscettibili di essere soddisfatte ricorrendo alternativamente all’altro tipo.

Infine, va segnalato che l’AGCOM, a conclusione della Fase 1 di individuazione dei mercati rilevanti, ha deciso di sospendere il prosieguo della Fase 2 del procedimento, consistente nell’analisi sostanziale della struttura di tali mercati per verificare l’esistenza di posizioni dominanti o comunque lesive del pluralismo, fino all’esito del pendente procedimento della medesima Autorità sulla validità dell’acquisizione della partecipazione del 29,9% di Mediaset da parte di Vivendi, asserendo che il modo in cui si chiuderà tale vicenda può avere un effetto sostanziale su detta analisi.

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