Il 25 maggio 2016 la Commissione europea ha pubblicato la proposta di un pacchetto integrato di misure volto ad eliminare gli ostacoli all’e-commerce tutt’oggi esistenti in Europa. Obiettivo primario è la creazione di un mercato unico europeo anche sul fronte digitale. L’intervento di poche settimane fa è parte della strategia UE avviata nel maggio dello scorso anno e già in fase di attuazione con iniziative quali Europa 2020 e l’Agenda Digitale Europea. In tale ambito, quest’anno, la Commissione ha avanzato la proposta di Regolamento su “geo-blocking e altre forme di discriminazione legate al commercio elettronico”.
Che cos’è il geo-blocking?
Nel mondo degli operatori online, per geo-blocking s’intende l’impossibilità di accedere ai contenuti della rete a causa di meccanismi quali il “re-indirizzamento” ad un diverso sito rispetto a quello originariamente visitato o l’applicazione di differenti condizioni di accesso ai prodotti o servizi online, i quali vengono così resi disponibili solo agli utenti situati in un determinato Paese. L’accesso limitato può avvenire per motivi di nazionalità, Paese di residenza o di stabilimento oppure, ancora, per l’uso di determinate modalità di pagamento.
Alcuni esempi di discriminazione più comuni:
- L’utente situato a Roma vuole acquistare alcuni prodotti attraverso un sito tedesco; l’accesso al sito è impedito sulla base dell’indirizzo IP italiano (il sito tedesco non è accessibile per utenti situati al di fuori della Germania);
- L’utente situato a Roma riesce ad accedere al sito tedesco ma, in ragione della localizzazione, viene reindirizzato al sito italiano della società senza alcuna possibilità di tornare alla sua scelta iniziale;
- L’utente situato a Roma può accedere al sito tedesco ma non è consentito pagare il prezzo dei prodotti perché la carta di credito utilizzata è collegata ad un indirizzo in Italia o viene rifiutata la consegna del prodotto verso l’Italia a causa della localizzazione dell’utente;
- L’utente situato a Roma può acquistare il prodotto selezionato attraverso il sito tedesco ma dovrà pagare un prezzo più alto rispetto a quello proposto ad un utente situato in Germania.
Si sono create, in tal modo, vere e proprie barriere per i consumatori della rete che vogliano fruire di un servizio o di un prodotto al di fuori dei confini nazionali. Una restrizione che, seppur non fisica, produce gli stessi effetti delle restrizioni “all’importazione, all’esportazione e al transito” da tempo vietate dall’Unione per favorire la libera circolazione delle merci e dei servizi all’interno del mercato unico.
Quali sono i danni per startup e pmi
Le piattaforme e-commerce subiscono non pochi danni da tale fenomeno: il geo-blocking frena l’acquisto online di prodotti e la fornitura di una vasta gamma di servizi nazionali all’interno dell’Unione. In termini numerici le startup e le piccole e medie imprese che operano come retailers online oltre confine nell’ambito UE sono solo il 9%, mentre a livello nazionale la quota sale al 24%. Da ciò ne consegue che un maggior dinamismo nelle transazioni cross border stimolerebbe un maggior numero di startup ad aprirsi al mercato comunitario determinando una auspicabile crescita del fatturato.
Quali i vantaggi per le startup nella proposta di Regolamento?
La proposta di Regolamento della Commissione ha l’obiettivo di incidere fortemente su queste percentuali, sprigionando le potenzialità di crescita dell’economia giovane, smart e digitale europea.
Essa si articola su tre divieti fondamentali:
1) divieto di discriminazioni basate sul luogo di residenza o di stabilimento,
2) divieto di discriminazioni in base alla nazionalità dell’utente,
3) divieto di limitazioni sulle modalità di pagamento utilizzate.
Ogni pratica discriminante, sia direttamente che indirettamente, sarà vietata così da evitare ingiustificati accessi differenziati alle interfacce online di imprenditori commerciali che operano oltre confine. Le piattaforme di e-commerce potranno così offrire prodotti e servizi a consumatori situati in ogni Stato membro, senza più veder ristretta la propria libertà di iniziativa economica al solo livello nazionale.
La prestazione di servizi audio-visivi (sport, programmi tv) è esclusa dall’ambito di applicazione del Regolamento: per essi il geoblocking continuerà ad operare poiché tali servizi sono forniti sulla base di licenze che operano in regime di esclusiva territoriale nazionale. Un ultimo limite riguarda i servizi finanziari di banche ed intermediari online (conti corrente, prestiti, fideiussioni), anch’essi tenuti fuori dalla sfera operativa del Regolamento.
La proposta della Commissione è di indubbio interesse e sembra idonea a raggiungere gli obiettivi di crescita del volume d’affari delle piattaforme e-commerce e di creazione di un mercato unico del commercio elettronico. Non resta che monitorare l’esito di tale proposta attraverso l’iter legislativo dell’Unione.
Pubblicato da Startupbusiness