Integratori alimentari, per la Cassazione non sussiste il reato di comparaggio

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Questo articolo è stato pubblicato su AboutPharma Online il 14 dicembre 2018.

Con sentenza n. 51946 del 16 novembre 2018, la Corte di Cassazione, sezione VI, ha escluso la configurabilità del reato di comparaggio nel caso di integratori alimentari. La Corte ha infatti riconosciuto gli integratori alimentari come meri alimenti, non riconducibili alla categoria di “specialità medicinali o altro prodotto ad uso farmaceutico” oggetto del reato di cui agli articoli 170 – 172 del R. D. 1265 del 1934.

Il reato di comparaggio

Come noto, il comparaggio è un reato caratteristico del settore sanitario. Infatti, possono incorrere nelle pene previste per questo reato medici, veterinari o farmacisti che accettino denaro o altra utilità al fine di “agevolare, con prescrizione mediche o in qualsiasi altro modo, la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico”. Sono soggetti alle medesime pene anche coloro che danno o promettono a sanitari o farmacisti denaro o altra utilità al medesimo fine.

Inoltre, quando il fatto è commesso dai produttori o dai commercianti di specialità mediche o altro prodotto farmaceutico, ad esempio attraverso l’attività degli informatori scientifici, il ministro della Salute, anche a prescindere dall’esercizio dell’azione penale, può imporre la chiusura dell’officina di produzione e del locale in cui è commercializzato il prodotto, per un periodo massimo di tre mesi. Infine, il ministro della Salute può revocare la registrazione delle specialità medicinali o l’autorizzazione per la preparazione e l’importazione ai fini della vendita di altri prodotti ad uso farmaceutico.

Il caso di specie

Nel caso specifico relativo alla pronuncia n. 51946 del 2018, è stato contestato ad alcuni medici di aver ricevuto favori e regali (buoni carburante dal valore di 50 euro, pagamento di cene ed elargizione di somme di denaro) in cambio del compimento di atti in contrasto con i doveri d’ufficio, in particolare la prescrizione di prodotti realizzati dalla società elargitrice di tali regali. Nel negare la configurabilità della fattispecie di reato, il collegio giudicante ha avuto l’opportunità di precisare la definizione di farmaco e di specialità medicinale.

In particolare, gli integratori alimentari vengono definiti dalla Corte come “prodotti alimentari specifici, assunti nella regolare alimentazione, volti a favorire l’assunzione di determinati principi nutritivi” che, in quanto tali, non hanno proprietà terapeutiche né capacità di prevenire e curare malattie. Per tali motivi, non sono configurabili come medicinali né assimilabili ad alcun prodotto ad uso farmaceutico. Eventuali corresponsioni di denaro volte a promuovere la diffusione di integratori alimentari non sono pertanto suscettibili di condanna ai sensi degli articoli 170 – 172 del R.D. n. 1265 del 1934.

L’impatto di questa pronuncia

In un momento in cui il mercato sta conoscendo una grande espansione di integratori alimentari, nutraceutici, probiotici, spesso promossi nei confronti dei medici attraverso informatori scientifici, questa pronuncia appare particolarmente interessante in quanto contribuisce a delimitare il campo di applicazione del reato di comparaggio in relazione all’oggetto, ossia alla categoria merceologica interessata. In passato, il Tribunale di Firenze ha ritenuto, allo stesso modo, che non sussiste il reato di comparaggio nell’ipotesi di dazione o promessa di denaro o altra utilità in relazione al latte in polvere, considerato anch’esso un mero alimento. Dunque il criterio che sembra tracciato dalla giurisprudenza fino ad oggi è che il reato di comparaggio non sia applicabile alle condotte che riguardano prodotti alimentari, seppure inerenti alla salute o alla qualità della vita. Naturalmente ciò non toglie che determinate condotte possano essere rilevanti sotto altri profili (anche penali), diversi dal reato di comparaggio.

Article filed under: Life Sciences, AboutPharma
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