L’ingresso dei dispositivi wearable nel settore degli studi clinici: nuove frontiere per i Big Data

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Questo articolo è stato pubblicato su AboutPharma Online il 14 settembre 2017.

È notizia recente l’ingresso sul mercato di un nuovo prodotto di Verily Life Sciences, società di ricerca del gruppo Google dedicata allo studio del settore life sciences. Tale nuovo prodotto, chiamato Study Watch, va ad affiancare l’Apple Watch (in combinazione con l’applicazione ResearchKit) tra i dispositivi cosiddetti wearable utilizzati in alcune di tipologie di studi clinici (soprattutto osservazionali), grazie alla loro capacità di raccogliere dati relativi alle funzioni fisiologiche e alla salute di chi li indossa. In particolare, lo Study Watch (che è attualmente utilizzato solo a fini di ricerca) dispone di sensori multipli progettati per misurare i segnali relativi alle funzioni cardiovascolari, i disturbi del movimento, la frequenza cardiaca, i movimenti inerziali, etc. e ha una grande capacità di compressione e memoria per archiviare i dati, anche con sistemi cloud, eliminando la necessità di sincronizzazioni frequenti.

Verily intende utilizzare lo Study Watch in alcuni progetti di ricerca lanciati dalla stessa società, tra cui il Personalized Parkinson’s Project, uno studio per identificare le fasi di progressione della malattia di Parkinson e, soprattutto, il Project Baseline, volto ad esplorare le modalità di transizioni tra gli stati di salute e di malattia e identificare i principali fattori di rischio. Condotto in collaborazione con la Duke University e Stanford, il Project Baseline, di durata quadriennale, coinvolgerà fino a diecimila pazienti che saranno reclutati in California e North Carolina. Lo studio dovrebbe comportare la raccolta di dati e campioni biologici come sangue e saliva raccolti attraverso visite cliniche ripetute, nonché dati relativi alle funzioni fisiologiche, alle abitudini di vita, al sonno, all’attività sportiva, etc., acquisiti con l’ausilio dello Study Watch e dei dispositivi mobile in genere.

Queste notizie documentano l’integrazione sempre più stretta tra il mondo del digitale e quello della ricerca scientifica che ha necessità di contare sulla disponibilità di grandi quantità di dati personali relativi alla salute. Si pensi alla medicina personalizzata, che rappresenta il futuro della ricerca scientifica in campo medico, che presuppone la conoscenza delle informazioni più dettagliate relative alle condizioni dei pazienti, incluse le caratteristiche genetiche.
L’utilizzo di un dispositivo come lo Study Watch segna un passo importante in questa direzione in quanto rappresenta un grande ausilio nella conduzione di uno studio clinico che richieda la costante e ripetuta verifica di stati fisiologici della persona abbinati ad altre informazioni relative allo stile di vita, come spesso avviene nel caso degli studi osservazionali. Al tempo stesso, questo strumento raccoglierà grandi quantità di dati personali sensibili, che saranno trattati attraverso una pluralità di strumenti elettronici interconnessi e abbinati ad altre informazioni raccolte con diverse modalità. Simili raccolte sembrano quindi soddisfare perfettamente la tradizionale definizione di “big data”, come archivi di informazioni che presentano tre caratteristiche essenziali: (i) la grande quantità; (ii) l’alta velocità di trasmissione e (iii) la varietà delle fonti di provenienza (Gartner IT Glossary).

Tali caratteristiche rendono il trattamento potenzialmente rischioso e sollevano una serie di complessità che devono essere adeguatamente valutate e gestite, soprattutto nel contesto degli studi clinici, in cui la liceità del trattamento e l’implementazione di adeguate misure di sicurezza contro la perdita accidentale o il rischio di furti o accessi non autorizzati alle informazione risulta fondamentale per cementare la fiducia dei partecipanti nella ricerca. Ciò che occorre evitare è che le persone siano disincentivate dal prendere parte a ricerche scientifiche per paura che le informazioni che forniscono vengano utilizzate a loro svantaggio, ad esempio rendendoli vittime di forme di discriminazione (in quest’ottica si spiegano le molti leggi che, nel Nord America, proteggono i cittadini dalla discriminazione genetica, soprattutto ad opera di datori di lavoro ed assicurazioni – da ultimo il Genetic Non-Discrimination Act emanato dal Canada l’8 marzo 2017).

Pertanto, l’uso di tecnologie come quelle descritte a servizio degli studi clinici, consentendo di generare e trasmettere in tempo reale enormi quantità di dati sensibili, deve essere attentamente vagliato e preceduto da un adeguato studio di impatto che si declini su alcuni parametri fondamentali. Ad esempio, il rispetto del principio del consenso che sia specifico alle varie modalità di trattamento dei dati e adeguatamente informato. È chiaro che partecipare ad uno studio clinico che preveda modalità di raccolta e trattamento dei dati attraverso dispositivi wearable comporta rischi per la privacy maggiori rispetto a studi effettuati con modalità più tradizionali. Inoltre, occorre che sia rispettato rigorosamente il principio della finalità del trattamento con attenta considerazione di ogni possibile “secondo uso” di queste informazioni, limitando anche la raccolta alle sole informazioni necessarie per il perseguimento degli scopi della ricerca. Da ultimo, le modalità del trattamento devono essere adeguate in termini di sicurezza, prevedendo, tra l’altro, idonei sistemi di criptazione. Questi accorgimenti paiono cruciali soprattutto nell’ambito di progetti di ricerca, come quelli menzionati, che sono gestiti da organizzazioni a scopo di lucro che operano nel settore dell’information technology, e che quindi già dispongono di enormi quantità di dati personali.
Non si può poi trascurare come gli stessi dispositivi wearable debbano dare adeguata garanzia di idoneità all’uso a cui sono destinati, in modo che i dati generati attraverso il loro impiego siano esatti ed affidabili e possano essere utilizzati senza limitazioni a supporto della ricerca scientifica. A tal fine i dispositivi dovranno ricevere una forma di validazione della loro idoneità, tanto più necessaria quanto la tecnologia porti ad aumentarne la complessità.
Per il momento lo Study Watch e i progetti di studio di Verily sono limitati agli Stati Uniti, ma l’espansione di questi o la creazione di altri analoghi strumenti e progetti di ricerca anche in Europa è uno scenario più che verosimile e non troppo lontano. Pertanto, le società interessate ad implementare questi dispositivi dovranno porsi molti interrogavi sul modo per rendere il loro uso compatibile con il quadro normativo europeo.

Articolo inserito in: AboutPharma, Life Sciences, Data Protection
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