Intelligenza artificiale e M&A, così il robot spinge la due diligence

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Questo articolo è stato pubblicato il 8 Aprile 2019 su AgendaDigitale.eu.

Sistemi di intelligenza artificiale e apprendimento automatico stanno facendo il loro ingresso in ambito legale, anche per le operazioni straordinarie di merger & acquisition (M&A). In particolare l’adozione di robot nelle operazioni di due diligence può favorire le dinamiche negoziali producendo maggiore efficienza e abbattimento dei tempi. Ecco come la nuova generazione di tecnologie può ridisegnare i processi che preparano il terreno al mercato di fusioni e acquisizioni.

L’esperienza di uno studio legale

Da circa due anni utilizziamo all’interno del nostro studio un robot a supporto dell’attività di due diligence legale [1]; si tratta di un sistema che, grazie all’intelligenza artificiale [2] ed una tecnologia di apprendimento automatico [3], classifica e organizza documenti per tipologia, diritto applicabile, lingua e numerosi altri criteri. Con questo articolo vogliamo condividere alcune preliminari riflessioni a valle di questi primi due anni di utilizzo della piattaforma in questione e discutere dell’impatto che pensiamo queste nuove soluzioni potrebbero avere sui contenuti e sulle dinamiche negoziali nelle operazioni straordinarie.

Alcuni dei vantaggi derivanti dall’uso dell’intelligenza artificiale a supporto della due diligence legale sono evidenti (ad esempio: maggiore efficienza/accuratezza e risparmio in termini di tempo). In aggiunta, riteniamo che questi sistemi potrebbero avere, già in un futuro non troppo lontano, un impatto su alcuni aspetti più sostanziali (sia sotto il profilo legale che commerciale) delle operazioni straordinarie.

Tuttavia, trattandosi di tecnologie di recente introduzione, non riteniamo siano stati ancora messi bene a fuoco i potenziali effetti che il loro utilizzo potrebbe avere su diritti e obblighi delle parti coinvolte in operazioni di acquisizione.

Impatti sui contratti di acquisizione

Grazie a queste soluzioni il potenziale acquirente di una società potrebbe migliorare in maniera significativa (sia in termini qualitativi che in termini di velocità) la conoscenza dell’azienda target e di questa “conoscenza aumentata” si dovrebbe tener conto ai fini della redazione e/o interpretazione di alcune clausole dei contratti di acquisizione, come ad esempio quelle relative alle dichiarazioni e garanzie ed agli obblighi di indennizzo.

Nelle operazioni di M&A, le parti negoziano con particolare attenzione le limitazioni ai diritti di indennizzo dell’acquirente. Il diritto di indennizzo è spesso limitato contrattualmente con riferimento alla conoscenza di criticità acquisita (o presunta tale) dall’acquirente durante la due diligence. Di conseguenza, il contenuto e la definizione della “conoscenza” assumono un ruolo rilevante nell’allocazione dei rischi tra acquirente e venditore ed infatti non è raro negoziare con particolare attenzione i c.d. “knowledge qualifiers” o concetti come la “conoscenza effettiva” o la “conoscenza presunta” (ovvero ciò che si presume una parte diligente avrebbe potuto conoscere in base alle informazioni messe a disposizione). In tal modo, la definizione della “conoscenza” nei contratti di acquisizione può circoscrivere le dichiarazioni e garanzie del venditore e quindi limitare i diritti di indennizzo dell’acquirente.

Le clausole di un contratto di acquisizione che fanno riferimento alla “conoscenza” di una parte dovranno essere redatte anche tenendo conto dell’uso durante la due diligence di robot che siano in grado di aumentare (effettivamente o anche solo in maniera presunta) la “conoscenza” di potenziali passività.

I vantaggi di una “conoscenza aumentata”

Ad esempio, il risultato di un’indagine sulla “reale conoscenza” e sulla “conoscenza presunta” potrebbe variare in maniera significativa alla luce della “conoscenza aumentata artificialmente”, così per esempio una passività che in passato poteva legittimamente sfuggire ad un “acquirente diligente”, ma non supportato da queste nuove tecnologie, potrebbe in futuro diventare una criticità nota (o presunta tale) da un “acquirente diligente” che abbia impiegato l’intelligenza artificiale a supporto della due diligence.

Conseguentemente, l’utilizzo di queste tecnologie potrebbe limitare i diritti di indennizzo dell’acquirente a causa della maggiore portata della conoscenza presunta (in quanto aumentata dall’intelligenza artificiale) dell’acquirente medesimo.

Sarà quindi necessario, qualora vengano impiegate simili soluzioni, prestare particolare attenzione alla definizione di “conoscenza” nonché al suo richiamo all’interno dei contratti, al fine di evitare conseguenze indesiderate rispetto all’allocazione del rischio tra le parti.

Per esempio, l’avvocato di un acquirente che utilizza l’intelligenza artificiale nella due diligence potrebbe proporre di definire la “conoscenza” del suo assistito come la conoscenza che un “acquirente medio” (non dotato di una soluzione di intelligenza artificiale) potrebbe ragionevolmente avere rispetto all’azienda target; al contrario il consulente di un venditore potrebbe mettere in evidenza all’interno del contratto di acquisizione l’uso fatto dall’acquirente di strumenti basati sull’intelligenza artificiale al fine di allargare l’ambito di applicazione della conoscenza presunta

Ancora e sempre in relazione alla “conoscenza”, alcuni contratti di acquisizione prevedono clausole c.d. di “sandbagging” (ossia una clausola ai sensi della quale i diritti di indennizzo dell’acquirente non saranno limitati dall’effettiva conoscenza al momento dell’acquisto di una determinata criticità) o “anti-sandbagging” (ossia una clausola che, al contrario, limiti i diritti di indennizzo dell’acquirente solo alle violazioni di dichiarazioni e garanzie non note all’acquirente al momento dell’acquisto).

Gli interrogativi sollevati

Poiché molti contratti di acquisizione non si esprimono in merito all’impatto che la conoscenza può avere sui diritti di indennizzo, possono sollevarsi domande come le seguenti:  “L’acquirente consapevole dell’inesattezza di una dichiarazione ha diritto all’indennizzo?”, “L’acquirente che avrebbe ragionevolmente potuto conoscere una criticità, ha diritto ad essere indennizzato?”, “Un venditore è tenuto a risarcire un acquirente che conosceva una criticità ignota allo stesso venditore ma non comunicata nel corso delle negoziazioni?”.

Le risposte a queste domande dipendono quindi dal diritto applicabile al contratto di acquisizione; è opportuno quindi domandarsi se l’utilizzo di queste nuove soluzioni possa avere, alla luce del diritto applicabile, un impatto sulle risposte a dette domande.

Sulla base delle nostre prime riflessioni, riteniamo che si possa rispondere positivamente a questo quesito. Per esempio, in un contenzioso attivato a seguito di una richiesta di indennizzo formulata da un acquirente ai sensi di un contratto di acquisizione, la “conoscenza aumentata” potrebbe essere utilizzata dal venditore per dimostrare che l’acquirente avrebbe potuto ragionevolmente conoscere (o addirittura conosceva) una determinata passività; in questo ipotetico contenzioso il venditore potrebbe ripetere, con l’ausilio di un consulente tecnico, l’analisi automatizzata fatta nel corso della due diligence dall’acquirente per provare in giudizio la conoscenza che l’acquirente aveva al momento dell’acquisto.

In termini più generali: l’accesso ad una data room virtuale non implica automaticamente che l’acquirente abbia potuto effettivamente esaminare tutti i documenti messi a disposizione dal venditore e alcune circostanze di fatto potrebbero essere utilizzate per limitare la conoscenza presunta dell’acquirente (ad esempio l’acquirente che abbia avuto accesso ad un numero significativo di documenti, ma per un periodo di tempo estremamente limitato – si pensi ad un’asta – potrebbe sostenere di non aver avuto piena conoscenza delle informazioni fornite a causa del poco tempo a disposizione; parimenti una data room particolarmente disorganizzata potrebbe fornire argomenti utili all’acquirente per sostenere la mancata conoscenza di alcune criticità).

Gli impatti sulla clausola di sandbagging

Questi scenari potrebbe cambiare in maniera radicale in caso di uso dell’intelligenza artificiale poiché per esempio considerata la velocità di analisi di questi sistemi si potrebbe agevolmente sostenere che l’acquirente abbia avuto, anche in tempi estremamente brevi ed anche in presenza di informazioni fornite in maniera destrutturata, “conoscenza” (nei limiti offerti dal sistema impiegato) delle informazioni messe a disposizione dal venditore.

Abbiamo menzionato sopra la clausola c.d. di sandbagging: un acquirente che ha negoziato detta clausola ritiene probabilmente di avere validi diritti di indennizzo nei confronti del venditore. Tuttavia, in alcuni paesi, l’applicazione di una clausola di sandbagging può essere esclusa qualora l’acquirente abbia omesso di riferire al venditore circostanze (all’origine di passività) sconosciute al venditore e che il venditore non avrebbe ragionevolmente dovuto conoscere.

La mancata comunicazione da parte dell’acquirente potrebbe essere interpretata dai giudici di alcuni paesi come una violazione del canone di buona fede e potrebbe portare il tribunale a disapplicare la clausola di sandbagging. Anche in presenza di una clausola di sandbagging, la “conoscenza aumentata” potrebbe essere utilizzata da un venditore per sostenere la conoscenza effettiva o presunta di passività da parte dell’acquirente al fine di non applicare la clausola in questione e quindi limitare il relativo diritto di indennizzo sulla base della violazione del canone di buona fede.

Alla luce di quanto precede, una possibile conseguenza derivante dall’impiego più frequente di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale nell’ambito delle due diligence potrebbe essere un maggiore uso nella prassi contrattuale delle clausole speciali di indennizzo quale strumento per allocare in maniera chiara le responsabilità tra venditore e acquirente in relazione a circostanze note alle parti al momento della conclusione del contratto di acquisizione.

Altri potenziali effetti sulle dinamiche di M&A

Riteniamo inoltre che l’uso di queste soluzioni innovative nell’ambito dell’attività di due diligence possa avere un impatto anche su altri aspetti delle operazioni straordinarie. Senza pretesa di fornire un elenco esaustivo, riportiamo di seguito alcuni esempi a tal proposito.

Predisposizione data room. La preparazione delle data room è determinante per il successo di un’operazione di M&A. Quest’attività può richiedere molto tempo e presentare delle complessità notevoli (si pensi per esempio al caso di una società che abbia gestito in maniera del tutto destrutturata il proprio archivio elettronico). L’incapacità di popolare adeguatamente la data room potrebbe rallentare ed in casi estremi far perfino fallire una vendita, ovvero avere effetti incontrollati sull’allocazione del rischio tra le parti. Questi sistemi possono essere utilizzati da avvocati/consulenti per organizzare con maggiore precisione ed in tempi più rapidi i documenti da caricare in data room.

Predisposizione delle disclosure schedules [4]. Per gli stessi motivi, la preparazione delle disclosure schedules da parte del venditore (la cui accuratezza e completezza è fondamentale per l’allocazione di rischi e responsabilità tra acquirenti e venditori) potrebbe essere nettamente semplificata nonché velocizzata con l’impiego di soluzioni automatizzate basate sull’intelligenza artificiale.

Monitoraggio dei potenziali acquirenti. Le data room virtuali offrono spesso funzioni di monitoraggio che consentono al venditore di tracciare l’accesso ed il tempo speso sui documenti da parte degli utenti (tipicamente i consulenti dell’acquirente); queste informazioni vengono spesso utilizzate dai consulenti dei venditori per verificare il livello di interesse dei potenziali acquirenti.

L’utilizzo di soluzioni automatizzate di due diligence potrebbe falsare dette valutazioni, per esempio un acquirente interessato con una “conoscenza aumentata” artificialmente potrebbe passare molto meno tempo sulla data room rispetto a un acquirente meno interessato, ma con “conoscenza non aumentata artificialmente”.

Miglioramento e velocizzazione del processo decisionale. La combinazione di una soluzione automatizzata di due diligence e di consulenti/avvocati specializzati in M&A potrebbe fornire ai potenziali acquirenti una conoscenza più immediata ed accurata della target grazie a una comprensione più approfondita e rapida della documentazione presente in data room. Di conseguenza i potenziali acquirenti dotati di questi strumenti potrebbero trarre vantaggio non solo da una più accurata due diligence, ma anche da una maggiore velocità di raccolta ed elaborazione delle informazioni necessarie al fine di completare il processo decisionale.

Sottoscrizione più rapida delle polizze assicurative contro i danni derivanti da violazione delle di dichiarazioni e garanzie. Per tutte le ragioni precedentemente esposte, l’utilizzo di soluzioni automatizzate di due diligence potrebbe infine semplificare e velocizzare notevolmente il processo di sottoscrizione di polizze assicurative contro i danni derivanti dall’inesattezza delle dichiarazioni e garanzie.

Eventuali punti critici

Pur essendo generalmente favorevoli all’impiego di queste piattaforme da parte dei professionisti che svolgono attività di due diligence, riconosciamo che si tratta di soluzioni fortemente innovative e che pertanto le potenziali criticità derivanti dal loro impiego non sono ancora note, salvo poche eccezioni.

Oltre agli effetti sostanziali sopra descritti, ci sono a nostro parere altre potenziali criticità da valutare con attenzione quando si utilizzano questi nuovi strumenti anche alla luce del fatto che non esistono ancora best practices cui fare riferimento.

Tra i rischi più evidenti vi sono la violazione delle norme sulla privacy, la violazione di obblighi di riservatezza, aspetti regolamentari, impatto negativo sulla formazione delle risorse più giovani negli studi e negli uffici legali delle aziende e possibili ricadute in termini di responsabilità professionale. In quest’ottica, potrebbe essere opportuno intervenire sulla formazione degli avvocati e degli studenti di giurisprudenza al fine di generare maggiore familiarità e consapevolezza delle implicazioni derivanti dall’utilizzo di queste innovative soluzioni.

Uno scenario in via di affermazione

L’incremento esponenziale della capacità computazionale associata ad una tendenziale riduzione dei costi per l’acquisto di soluzioni innovative hanno aumentato le occasioni di applicazione di nuove tecnologie in ambito legale. Ove utilizzate correttamente e con le dovute cautele, tali soluzioni possono migliorare significativamente l’accuratezza e l’efficienza di alcune attività come per esempio la due diligence.

Considerata la natura cliente-centrica degli studi legali, qualsiasi strumento in grado di migliorare l’accuratezza e l’efficienza del servizio reso dovrebbe essere visto come un’opportunità per la professione legale. Inoltre, immaginando che in un prossimo futuro gli stessi clienti avranno una conoscenza sempre maggiore di queste nuove soluzioni, l’uso di piattaforme automatizzate per l’attività di due diligence potrebbe diventare in tempi relativamente brevi lo standard di mercato.

[1] La due diligence è la fase di un’operazione di M&A volta a raccogliere informazioni sul target e a identificare potenziali passività relativamente ad una società target attraverso l’analisi. La due diligence è un’attività estremamente delicata, data la sua importanza ai fini della determinazione del valore della target, dell’allocazione del rischio e della redazione dei contratti di acquisizione.

[2] Secondo l’Oxford English Dictionary, per intelligenza artificiale si intende la “teoria e lo sviluppo di sistemi informatici in grado di svolgere compiti che normalmente richiedono l’intelligenza umana, come la percezione visiva, il riconoscimento vocale, i processi decisionali e la traduzione tra le lingue”.

[3] Secondo l’Oxford English Dictionary, per apprendimento automatico si intende “la capacità di un computer di imparare dall’esperienza, ad esempio modificare l’elaborazione sulla base di nuove informazioni acquisite”.

[4] Una disclosure schedule è un documento “che completa le dichiarazioni e garanzie (e talvolta altre previsioni) contenute in un contratto. La parte che rivela le informazioni (spesso il venditore) utilizza in genere la disclosure schedule per comunicare le eccezioni al contratto e fornire informazioni che sarebbero troppo articolate per essere inserite nel contratto. Le disclosure schedule sono generalmente allegate alla fine del contratto e ivi richiamate”. [Practical Law]

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