Il Consiglio di Stato dà il via alla pubblicità al pubblico dei medicinali “Sop”

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Questo articolo è stato pubblicato su AboutPharma Online il 30 maggio 2017.

Il Consiglio di Stato segna una svolta nella disciplina della pubblicità dei farmaci senza obbligo di prescrizione (Sop). Fino a questo momento, infatti, la pubblicità al pubblico era ammessa, previa autorizzazione, solo per una parte dei medicinali rientranti in questa categoria, vale a dire i medicinali di automedicazione (i farmaci da banco, detti anche Otc dall’espressione inglese Over The Counter). Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2217 del 12 maggio 2017, ha invece esteso tale possibilità a tutti i Sop. A seguito di tale pronuncia, il Ministero della Salute non potrà più respingere richieste di autorizzazione alla pubblicità al pubblico di medicinali senza obbligo di prescrizione per il solo fatto che non sono Otc.

Il rifiuto del Ministero della Salute di rilasciare autorizzazioni per la pubblicità al pubblico dei Sop (diversi dagli Otc) nasceva da un’interpretazione della normativa italiana che si era consolidata negli anni a partire dal 1992. In particolare, i decreti legislativi che hanno preceduto l’emanazione del Codice del farmaco hanno introdotto, nell’ambito della categoria dei farmaci non soggetti a prescrizione medica, la sotto-categoria dei medicinali Otc e hanno circoscritto solo a quest’ultima la possibilità di effettuare pubblicità al pubblico. Successivamente, il Codice del farmaco si è limitato a prevedere che i farmaci senza obbligo di prescrizione possano essere oggetto di pubblicità al pubblico nel rispetto delle norme vigenti. Su questa base, anche a seguito dell’emanazione del Codice del farmaco, il Ministero della Salute continuava a ritenere non ammissibile e dunque non autorizzava la pubblicità dei medicinali senza obbligo di prescrizione che non fossero Otc.
Il Consiglio di Stato, confermando la precedente pronuncia del Tar Lazio, ha invece stabilito che l’unico testo di riferimento per la pubblicità dei farmaci è oggi il Codice del farmaco e che quest’ultimo disciplina allo stesso modo, per quanto attiene al regime pubblicitario, tutti i farmaci non soggetti a prescrizione medica, senza fare alcuna distinzione tra gli Otc e i restanti Sop.

La conferma “decisiva” di tale interpretazione si ricava, secondo il Consiglio di Stato, dall’analisi della normativa comunitaria, che vieta la pubblicità al pubblico esclusivamente di farmaci con obbligo di prescrizione e di quelli contenenti sostanze psicotrope o stupefacenti. Gli Stati membri non possono introdurre ulteriori limiti o restrizioni se non quando “strettamente necessario per tutelare interessi prevalenti, quale quello alla salute umana”.
Dunque, un’interpretazione delle norme interne alla luce del diritto europeo ha permesso al Consiglio di Stato di affermare che anche la pubblicità di medicinali senza obbligo di prescrizione diversi dagli Otc può essere autorizzata. Questa è la regola che da ora in avanti il Ministero della Salute sarà chiamato a seguire, eliminando quella disparità di trattamento tutta italiana che, negli anni, era stata surrettiziamente creata.

Questa sentenza risulta molto importante non soltanto per le immediate ricadute pratiche sulla pubblicità dei Sop, ma anche in quanto ulteriore conferma di un approccio rigoroso della giurisprudenza nei confronti di interpretazioni di norme nazionali che hanno l’effetto di travalicare i limiti tracciati dalla legislazione comunitaria, introducendo ulteriori e non giustificate restrizioni. Questo approccio dei nostri giudici potrebbe trovare applicazione anche ad altri temi: si pensi ad esempio alla pubblicità dei medicinali con obbligo di prescrizione medica. Come segnalato in precedenza, la direttiva comunitaria e il Codice del farmaco si limitano a prevedere il divieto di pubblicità al pubblico di questa categoria di farmaci, eppure in Italia, per una diffusa interpretazione restrittiva delle norme sulla pubblicità al pubblico dei farmaci con prescrizione medica, la maggior parte delle società farmaceutiche si astiene anche dalla mera pubblicazione sul proprio sito dell’elenco dei propri prodotti. E questa prassi permane nonostante una sentenza del 2011 della Corte di giustizia affermi espressamente che le imprese farmaceutiche possono «diffondere su un sito Internet informazioni relative a medicinali soggetti a prescrizione medica, qualora tali informazioni siano accessibili su tale sito esclusivamente a colui che vuole ottenerle e tale diffusione consista esclusivamente nella riproduzione fedele della confezione del medicinale […] nonché del foglietto illustrativo», in quanto tale diffusione non costituisce pubblicità (causa C-316/09).
Come è successo per la pubblicità dei Sop, valorizzando un’interpretazione delle norme nazionali in senso conforme al diritto comunitario si potrebbero, anche in questo caso, aprire nuove opportunità per gli operatori italiani che ad oggi, analogamente a quanto avveniva per la pubblicità dei Sop, risultano penalizzati rispetto ai loro concorrenti europei.

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