All’esito di un attento bilanciamento di tutti e quattro i criteri che compongono il fair use, la Corte d’appello, nel confermare quanto statuito dalla Corte distrettuale nel 2012, ha respinto le accuse di violazione del copyright di The Swatch Group sulla registrazione in questione concludendo all’unanimità che la condotta di Bloomberg, nel caso di specie,
“persegue l’importante finalità pubblica (…) di assicurare l’ampia disseminazione di informazioni finanziarie”.
E’ interessante soffermarsi brevemente sul caso e sul ragionamento seguito Corte.
IL FATTO – LA EARNINGS CALL
Nel febbraio 2011, The Swatch Group aveva organizzato una conference call con un numero selezionato di analisti finanziari, durante la quale questi ultimi avrebbero potuto discutere i recenti risultati finanziari della società con i dirigenti di The Swatch Group. Quest’ultima aveva informato tutti i partecipanti alla conference che il contenuto della telefonata sarebbe stato registrato e che nessun altro avrebbe potuto effettuare registrazioni per finalità di pubblicazione o trasmissione.
Bloomberg non era stata invitata alla earnings call, ma aveva ricevuto la registrazione da un terzo, e l’aveva poi resa disponibile online per i propri abbonati.
The Swatch Group citò in giudizio Bloomberg con l’accusa di violazione del copyright sulla registrazione (nel frattempo registrata come opera protetta presso lo U.S. Copyright Office).
Nel 2012, la Corte distrettuale di New York riconosce che l’utilizzo della registrazione da parte di Bloomberg costituisce fair use. Con la sentenza del 27 gennaio 2014, la Corte d’appello respinge l’appello di The Swatch Group e conferma la sussistenza di fair use.
SCOPO E CARATTERE DELL’USO – NEWS REPORTING
Secondo la Corte, il primo criterio del fair use, che impone di avere riguardo allo scopo e al carattere dell’uso, è rispettato nel caso di specie.
Infatti, ad avviso della Corte, non vi è alcun dubbio che lo scopo perseguito da Bloomberg nell’ottenere e, poi, diffondere la registrazione in questione fosse quello di mettere a disposizione degli investitori ed analisti americani importanti informazioni finanziarie riguardanti il gruppo Swatch. Nel fare ciò, la società perseguiva scopi di informazione giornalistica, considerati espressamente dal §107 del Copyright Act statunitense nell’ambito del fair use.
La Corte dà rilievo alla circostanza per cui l’utilizzo della registrazione effettuato da Bloomberg, editore di informazioni economiche e finanziarie, salvaguardia l’interesse pubblico alla più ampia, tempestiva ed accurata circolazione di notizie economiche e finanziarie. Sotto tale profilo, il fatto che Bloomberg perseguisse uno scopo commerciale nell’utilizzo considerato (la registrazione era stata messa a disposizione dei soli abbonati) non esclude che l’utilizzo stesso possa ritenersi fair use, in considerazione dell’importanza dello scopo perseguito.
A nulla rileva la circostanza per cui la società avrebbe diffuso la registrazione in violazione dell’espresso divieto di registrazione per scopi di pubblicazione e diffusione (indicato da un messaggio diffuso all’inizio della conference): nelle parole della Corte, “Lo scopo prioritario di Bloomberg qui non era di pregiudicare il diritto di prima pubblicazione del detentore del copyright(…)ma semplicemente quello di fornire agli analisti e investitori americani informazioni finanziarie meritevoli di attenzione”. Prosegue la Corte, “quel tipo di attività, la cui tutela riposa nel Primo Emendamento, sarebbe paralizzata se agenzie di informazioni e simili organizzazioni fossero limitate [ad utilizzare]fonti di informazione autorizzate”.
Del pari, è stata ritenuta irrilevante l’assenza di un utilizzo trasformativo della registrazione prima della sua pubblicazione (spesso – ed anche recentemente – ritenuto dalle corti americane un forte indice della sussistenza di un fair use): la diffusione della registrazione “as is”, ovvero senza alcun commento o analisi, ha consentito di trasmettere fedelmente e con precisione non soltanto cosa i dirigenti del gruppo Swatch affermavano, ma anche come lo affermavano.
NATURA DELL’OPERA – PUBBLICAZIONE DELLA REGISTRAZIONE
Nonostante la registrazione in questione non fosse stata “pubblicata” secondo la definizione di “pubblicazione” contenuta nel Copyright Act (che presuppone che l’opera sia stata quantomeno incorporata in un supporto materiale e distribuita al pubblico), The Swatch Group aveva diffuso il contenuto della registrazione presso il pubblico (ovvero, gli analisti che hanno partecipato alla earnings call), e tanto basta per considerare quest’ultima come “pubblicata” prima dell’utilizzo effettuato da Bloomberg.
Inoltre, la Corte rileva come il copyright sul contenuto della registrazione sia davvero debole, poiché la registrazione attiene a “fatti” (ovvero, informazioni finanziarie relative alla società) (“Swatch’s copyright is exceedingly thin, as the recording is thoroughly factual in nature”).
LA QUANTITÀ E L’IMPORTANZA DELLA PARTE UTILIZZATA IN RAPPORTO ALL’INSIEME DELL’OPERA PROTETTA
Con riferimento al terzo criterio del fair use, la Corte rileva come Bloomberg avesse utilizzatointegralmente la registrazione in questione. Se è vero che, nella giurisprudenza americana, l’utilizzo integrale di un’opera protetta può essere considerato come unfair, nel caso di specie tale utilizzo doveva ritenersi ragionevolmente necessario per il perseguimento di scopi di pubblica informazione.
LE CONSEGUENZE DELL’USO SUL MERCATO POTENZIALE O SUL VALORE DELL’OPERA PROTETTA
In relazione a tale profilo, la Corte rileva come l’utilizzo considerato non abbia un significativo impatto sul mercato potenziale delle registrazioni di earnings calls (qualora possa ritenersi sussistente un mercato per tali registrazioni, aspetto non approfondito nella sentenza in esame).
Conclusivamente, secondo la Corte, bilanciando i quattro criteri sopra enumerati, può ritenersi che lo scopo della legge sul copyright di “promuovere il progresso della scienza e delle arti utili” (articolo 1, §8, clausola 8, Costituzione americana) sia meglio perseguito consentendo a Bloomberg di utilizzare e diffondere la registrazione in questione piuttosto che impedendo tale utilizzo.
Sempre in materia di fair use, recentemente la Corte distrettuale di New York, con sentenza del 14 novembre 2013, ha rigettato la class action avviata da The Authors Guild contro Google, Inc. in relazione ai servizi Library e Books forniti da Google, riconoscendo come l’utilizzo delle opere in titolarità degli associati della Guild sia coperto dal fair use. E ciò anche in considerazione dell’utilizzo trasformativo rispetto all’utilizzo originario cui sono destinate le opere stesse effettuato da Google, nonché dei benefici per il pubblico derivanti dai citati servizi.
La decisione ora in esame segna un importante precedente, in quanto la Corte d’appello ha ritenuto sussistente il fair use nonostante l’utilizzo non fosse trasformativo, avesse carattere commerciale, l’opera non era stata pubblicata ed era stata utilizzata nella sua interezza (fattori che in genere, nel loro insieme, hanno spesso indotto la giurisprudenza americana a dare prevalenza agli interessi del titolare del copyright).
Pubblicato su medialaws.eu