La stampa 3D di medicinali si intravede all’orizzonte: quali regole e quali problemi?

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22 May 2017

Questo articolo è stato pubblicato su AboutPharma Online il 22 maggio 2017.

La tecnologia di stampa in 3D ha rivoluzionato molti settori, sia dal punto di vista tecnologico che commerciale. Basti pensare che questo sistema è ormai utilizzato correntemente per la produzione estemporanea di pezzi di ricambio per veicoli e macchinari, per la realizzazione di plastici architettonici e di modelli molecolari, per la prototipazione, e persino per la costruzione di edifici.
Nel settore delle life sciences le applicazioni più significative e già diffuse dei sistemi di stampa tridimensionale sono nel campo dei dispositivi medici impiantabili, per la realizzazione di protesi e, in via ancora perlopiù sperimentale, di organi o parti di essi con materiale biologico autologo o eterologo. In ambito farmaceutico la stampa 3D trova applicazione nella produzione estemporanea di medicinali altamente specifici e personalizzati. Quest’ultimo utilizzo, fino a qualche anno fa nemmeno immaginabile, pare oggi concreto, tanto che se ne stima l’ingresso sul mercato entro i prossimi cinque anni, e una maturazione nei successivi cinque. Con la conseguenza che, secondo questa previsione, tra circa dieci anni la somministrazione e l’assunzione di medicinali realizzati con stampanti 3D sarà parte della comune pratica medica.

Questa tecnologia ha cominciato a muovere i primi passi concreti nell’agosto del 2015, con l’approvazione da parte della Fda dello Spritam, un medicinale a base di levetiracetam per il trattamento dell’epilessia, prodotto con una stampante 3D: la pillola viene stampata strato per strato utilizzando il farmaco in polvere, che in questo modo è in grado di sciogliersi più velocemente. Vi sono poi diversi centri di ricerca e imprese che stanno concentrando il loro lavoro in questo settore, con l’obbiettivo di riuscire a immettere sul mercato pillole con forme divertenti (per esempio per renderle più appetibili ai pazienti pediatrici) o con configurazioni che ne aumentino la velocità di assorbimento.
Al di là dell’aspetto tecnico, complesso ma certamente superabile, la stampa 3D dei medicinali pone diversi temi legali che sono di non semplice gestione e soluzione.

In primo luogo, appare di primaria importanza la dimensione regolamentare. La commercializzazione di farmaci prodotti con metodi industriali è soggetta al rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio e la loro produzione può avvenire solo in stabilimenti preventivamente autorizzati dalle autorità competenti, costantemente controllati e nel rispetto di procedure certificate e aderenti alle Good Manufacturing Practices. Ciò per garantire la qualità del farmaco e quindi, in definitiva, la sua efficacia e sicurezza per i pazienti. Fanno eccezione a questa regola le sole preparazioni galeniche, che però oggigiorno sono poco diffuse e utilizzate perlopiù per creme, unguenti e lozioni.
La diffusione della stampa 3D dei medicinali sarà possibile solo se sarà prima adottata una disciplina specifica, che probabilmente dovrà prevedere un’autorizzazione peculiare, pratiche di fabbricazione e preparazione particolari, l’uso di macchinari certificati, la formazione dei farmacisti, linee guida per il confezionamento e i foglietti illustrativi, etc.
Strettamente collegato a questo tema è quello relativo ai rimborsi da parte del Ssn e alla negoziazione dei prezzi dei farmaci con Aifa. Un farmaco stampato in 3D si presterà a una significativa varietà di dosaggi e formulazioni, che potranno essere indicate di volta in volta dal medico curante sulla base delle concrete necessità terapeutiche del paziente ed eventualmente anche delle sue allergie e intolleranze (si pensi, ad esempio, ai farmaci contenti lattosio o glutine, che non possono essere somministrati a pazienti che ne siano intolleranti). È possibile che le case farmaceutiche e Aifa non saranno in grado di prevedere tutte le opzioni di dosaggio e formulazione, e quindi di negoziare in modo puntuale tutti i prezzi. Inoltre, le farmacie e gli ospedali saranno probabilmente portati a girare, almeno in parte, sul paziente (e quindi sul Ssn) il costo connesso alla stampa 3D del medicinale (acquisto della stampante, materiali di consumo, etc.), che potrebbero restare fuori dal rimborso negoziato, e quindi a carico del paziente.

Altro tema significativo è legato all’esistenza di diritti di proprietà intellettuale sulle specialità farmaceutiche che verranno prodotte con il sistema di stampa 3D. In linea generale, come per altri prodotti, la stampa 3D può semplificare molto la realizzazione e la circolazione dei prodotti contraffatti. Infatti, attualmente la contraffazione dei farmaci presuppone che la produzione avvenga in paesi a basso costo (fuori dal territorio dell’Unione Europea), un’organizzazione di tipo industriale e, almeno in prima istanza, la circolazione dei prodotti contraffatti in grandi quantitativi; il che rende gestibili ed efficienti le operazioni di controllo e di intercettazione dei prodotti illeciti (sorveglianza doganale, intervento delle forze dell’ordine, ispezioni delle autorità regolamentari, etc.). Con la stampa 3D dei medicinali questo scenario potrebbe radicalmente mutare, portando a un fenomeno di polverizzazione delle attività illecite, dal momento che i prodotti contraffatti potrebbero essere stampati a costi bassi a livello locale e in quantitativi anche molto ridotti. Questo fenomeno renderebbe per un verso molto difficile l’intercettazione dei prodotti contraffatti e l’identificazione della loro fonte; e, per altro verso, estremamente inefficiente la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, che dovrebbe essere perseguita nei confronti di molti soggetti e anche verosimilmente di persone fisiche. Le case farmaceutiche saranno pertanto costrette a riconsiderare la loro politica di tutela dei diritti di proprietà intellettuale e a rivedere i loro protocolli anti contraffazione, prevedendo sistemi di identificazione dei prodotti autentici che non siano facilmente replicabili dai contraffattori, per esempio perché tecnicamente troppo sofisticati o eccessivamente costosi.

L’avvento della stampa 3D dei medicinali renderà necessario anche un ripensamento della normativa in materia di responsabilità per danni da prodotto difettoso: le imprese farmaceutiche perderanno il controllo di parte del processo produttivo, che per una parte sostanziale sarà di competenza dello “stampatore” (farmacia, ospedale, medico, etc.). Con la conseguenza che da un lato bisognerà prevedere l’obbligo di identificazione di tutti i soggetti produttori, dall’altro lato sarà imprescindibile l’adozione di un sistema equilibrato di ripartizione delle responsabilità, tenendo anche conto della consistenza patrimoniale dei soggetti coinvolti e della necessità di tutelare adeguatamente la posizione dei pazienti.
La delicatezza delle tematiche sopra illustrate rende auspicabile che il legislatore si muova con adeguato anticipo, dal momento che un eventuale vuoto normativo potrebbe impedire lo sviluppo di questa tecnologia, o comunque creare incertezza per gli operatori del settore e anche situazioni di pericolo per il pubblico. Il profilo regolamentare pare quello più importante, e la prossima revisione della direttiva 2001/83/CE (codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano) potrebbe essere una buona occasione per intervenire su questo tema, lasciando però sufficiente tempo agli stati membri dell’Unione Europea per recepire nei propri ordinamenti le novità introdotte in sede europea.

Article filed under: AboutPharma, Life Sciences
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