Caso Enel Energia: pubblicate le motivazioni della sentenza che ha annullato il provvedimento del Garante

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Sono state rese note in settimana le motivazioni alla base della sentenza del 13 febbraio 2023 del Tribunale di Roma, che ha annullato il provvedimento n. 443 con cui il Garante per la protezione dei dati personali aveva inflitto a Enel Energia S.p.A. (fra le altre) una sanzione di più di 26 milioni di euro.

  1. La vicenda che ha dato origine alla controversia

Il provvedimento annullato era stato emesso a seguito di centinaia di segnalazioni di utenti che lamentavano la ricezione di telefonate promozionali indesiderate, anche di tipo robocall, effettuate in nome e per conto di Enel; gli utenti avevano inoltre segnalato difficoltà di esercitare i propri diritti di interessati (in particolare il diritto di revocare il consenso e il diritto di opporsi al trattamento).

A seguito di tali segnalazioni, che erano pervenute in tempi diversi, alla fine del 2018 il Garante ha avviato un’istruttoria, nel corso della quale l’autorità ha effettuato quattro richieste di informazioni corrispondenti a quattro gruppi di segnalazioni fra loro cumulate. A seguito di una ulteriore richiesta di integrazione delle informazioni fornite effettuata il 24 dicembre 2020, il 14 maggio 2021 il Garante ha notificato alla società l’avvio del procedimento sanzionatorio, poi culminato nella sanzione di 26.513.977 euro, nonché nella prescrizione di articolate misure per la tutela degli interessati da adottarsi entro 40 giorni.

  1. L’impugnazione del provvedimento davanti al Tribunale di Roma e il suo annullamento

Enel ha impugnato il provvedimento sanzionatorio (emesso il 16 dicembre 2021) davanti al Tribunale di Roma. In particolare, pur non contestando i fatti oggetto di causa, Enel ha sollevato il sistematico mancato rispetto del termine previsto per la notificazione delle violazioni, così come previsto dal Regolamento n. 2/2019[1]. Tale termine, in deroga all’art. 2 della legge 241/1990[2], è pari a 120 giorni dall’accertamento della violazione.

Le doglianze di Enel sono state accolte in toto dal Tribunale di Roma, che ha annullato il provvedimento del Garante sulla base del mancato rispetto del Regolamento 2/2019, così come interpretato alla luce degli artt. 24 e 117 della Costituzione (quest’ultimo con riferimento al rispetto dell’art. 6 CEDU).

La sentenza presenta diversi elementi di interesse, specialmente se si considera il peculiare contesto in cui sono espressi, ovvero l’impugnazione di un provvedimento amministrativo davanti a un giudice civile.

  • Carattere perentorio dei termini previsti dal Regolamento n. 2/2019 in materia sanzionatoria applicando principi ormai consolidati nell’ambito della giurisprudenza amministrativa[3], il Tribunale di Roma afferma che il mancato rispetto del termine di 120 giorni previsto dal Regolamento n. 2/2019per la notifica di una violazione sia contrario al principio di stretta legalità vigente in materia sanzionatoria (anche amministrativa), nonché agli art. 6 CEDU e art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea[4]. In particolare, la sentenza in commento sottolinea come procedimenti di durata sostanzialmente indeterminata siano incompatibili con diritti costituzionalmente garantiti come il diritto di difesa: alla salvaguardia di questo diritto le Corti amministrative si sono dimostrate sempre più sensibili nel corso del tempo, sulla scia di quanto ribadito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e in ragione del carattere particolarmente afflittivo delle sanzioni che possono essere inflitte dalle autorità indipendenti, tanto da poterle qualificare come sanzioni quasi penali
  • Il termine decorre dalla data in cui il Garante riceve le risposte definitive alle richieste di informazioni o agli eventuali chiarimenti: è questo l’unico momento, conoscibile anche dal soggetto privato soggetto alle indagini dell’autorità, in cui il Garante può avere piena conoscenza della condotta illecita. È infatti questo il momento in cui il Garante può raffrontare le segnalazioni e i reclami con le risposte fornite dalla parte soggetta a indagine. Resta ferma la possibilità (prevista dal Regolamento n. 2/2019) per il Garante di richiedere ulteriori chiarimenti o maggiori dettagli.
  • Il cumulo di questioni pervenute in tempi diversi e la richiesta di ulteriori chiarimenti devono comunque avvenire nel rispetto del termine di 120 giorni: non è ammissibile il raggruppamento di più reclami o segnalazioni pervenuti in un arco indefinito di tempo in un’unica contestazione. Allo stesso modo, eventuali richieste di chiarimenti devono necessariamente pervenire nel termine stabilito per la contestazione. Diversamente, “[…] il termine di 120 giorni sarebbe largamente superato e virtualmente privo di ogni effetto utile, [con la conseguenza inevitabile di] […] lasciare al puro arbitrio dell’autorità la scelta dei tempi e dei contenuti delle contestazioni sulle quali il titolare del trattamento dovrà rispondere”.

Secondo il Tribunale, quindi, è questa l’unica interpretazione possibile (in quanto costituzionalmente orientata) del Regolamento n. 2/2019, che ammette la cumulabilità di questioni pervenute in tempi diversi senza prevedere neppure indirettamente l’arco temporale entro il quale devono sorgere tali questioni per poter essere istruite cumulativamente. Una differente interpretazione sarebbe incostituzionale, in quanto non conforme al dettato degli artt. 24 e 117 della Costituzione (quest’ultimo con riferimento al rispetto dell’art. 6 CEDU).

  1. Osservazioni conclusive

In conclusione, la sentenza del Tribunale di Roma appare innovativa e interessante sotto molti profili.

Occorrerà attendere il giudizio finale della Suprema Corte per comprendere se tali principi verranno confermati in via definitiva. Tuttavia, risulta essere un valido tentativo di importare nel rito civilistico (a cui è soggetta l’impugnazione dei provvedimenti del Garante, a differenza di quanto accade con riferimento alle altre autorità) l’applicazione dei principi di legalità e giusto processo già affermati e consolidati con riferimento ai provvedimenti di altre autorità indipendenti. In questo modo, vengono così uniformate le garanzie dei destinatari dei procedimenti incardinati dal Garante rispetto ai presidi procedurali che, dinanzi a tutte le altre autorità indipendenti, costituiscono di fatto un dato acquisito.


[1] Regolamento n. 2/2019, concernente l’individuazione dei termini e delle unità organizzative responsabili dei procedimenti amministrativi presso il Garante per la protezione dei dati personali.

[2] Recante “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”.

[3] TAR Lazio, sent. n° 12539/20 del 24/11/2020, confermata da Cons. di Stato, sent. n° 728/22 del 02/02/2022.

[4] Corte europea dei diritti dell’uomo, sent. 04/03/2014, Grande Stevens ed altri c. Italia.

Articolo inserito in: Privacy & Cyber Security
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