Questo articolo è stato pubblicato su AboutPharma Online il 10 novembre 2017.
Quando si sente parlare di digital health, per un verso si fa talvolta fatica a comprendere di cosa davvero si tratti. Per altro verso sorge scetticismo in merito ai concreti vantaggi che la digital health può portare all’individuo, ai professionisti sanitari e alla pratica medica. E quindi, in definitiva, alla società. Un report pubblicato di recente dall’Iqvia institute for human data science, da un lato inquadra in modo chiaro il settore, consentendo di comprendere meglio i contorni e le caratteristiche. Dall’altro lato – e soprattutto – evidenzia che sta davvero iniziando a creare benefici tangibili ai pazienti. E di conseguenza alla salute umana. Per cui si può parlare appunto di rivoluzione digital health.
Il report “The Growing Value of Digital Health”
Il report Iqvia è intitolato “The Growing Value of Digital Health – Evidence and Impact on Human Health and the Healthcare System” e suddiviso in tre aree tematiche. “Innovation”, “evidence” e “adoption”. Il documento mostra che la proliferazione degli strumenti di digital health, che comprende principalmente le health app e i sensori indossabili per i dispositivi mobili, appaiono oggi davvero assai promettenti per contribuire al miglioramento della salute. È così dal momento che, anche grazie a un numero sempre crescente di studi al riguardo, nella comunità scientifica si sta creando sempre più consenso in merito alla loro efficacia. E questo è il presupposto imprescindibile per consentirne l’impiego nella pratica clinica.
Controtendenza
Quanto appena affermato è in decisa controtendenza rispetto a quanto emerso dai precedenti studi condotti al riguardo dall’Ims Institute for healthcare informatics nel 2013 e nel 2015. I dati mostravano un impiego ancora scarso e frammentario di questo tipo di tecnologia. E la conseguente intrinseca difficoltà di attribuirvi un concreto valore aggiunto. Lo scenario è ora completamente mutato. E ciò è testimoniato dal fatto che questi strumenti stanno di fatto iniziando a entrare nella pratica medica quotidiana, portando benefici tangibili e misurabili.
Che cos’è la rivoluzione digital health
Il termine “digital health” viene utilizzato nel report per designare l’utilizzo di dispositivi mobili connessi. In particolare smartphone, tablet, biosensori connessi e assistenti virtuali domestici. Lo scopo è migliorare la salute delle persone. La principale funzione che rende questi dispositivi utili consiste nel fatto che essi possono comunicare e scambiare informazioni tramite internet e inviare messaggi. Ma anche per monitorare i segni vitali e mostrarli in modo chiaro e facilmente intellegibile.
La seguente illustrazione, tratta dal report, rende bene l’idea di cosa si intende con digital health:
I numeri contenuti nel report sono molto eloquenti. Aiutano quindi a comprendere il motivo per il quale la digital health è ora ritenuta uno strumento efficace e promettente. Il numero di digital health app è cresciuto vertiginosamente negli ultimi quattro anni. Si è passati da circa 66 mila nel 2013 a oltre 318 mila nel 2017. Solo due anni fa, le app di questo tipo disponibili erano la metà di oggi (circa 165 mila).
Di pari passo, è cresciuta la qualità delle app e il numero di download da parte degli utenti. Che sempre più di frequente sono incoraggiati al loro utilizzo da parte di un professionista sanitario, se non addirittura dal medico curante. Questo perché molte app sono ormai rivolte nello specifico a facilitare la gestione di una particolare malattia o condizione clinica, e non genericamente ad aiutare a migliorare il benessere della persona.
Anche il numero di dispositivi consumer wearable (come gli smart watch e gli smart glass) è molto aumentato. Sul mercato ce ne sono oltre 340, e sono in continua crescita. La maggiore disponibilità e varietà delle app di digital health ha molto incrementato gli studi a esse dedicati e già pubblicati, che sono ben 571 e la cui finalità è di selezionare le migliori applicazioni dimostrandone l’efficacia con solide evidenze cliniche.
Risparmi per il Ssn
Il dato più sorprendente è quello relativo ai possibili risparmi per i sistemi sanitari. È stato infatti dimostrato che l’uso di queste app da parte anche solo di 5 popolazioni di pazienti sarebbe in grado di ridurre il ricorso alle cure di emergenza (prevenzione del diabete, diabete, asma, riabilitazione cardiaca, riabilitazione polmonare). E potrebbe pertanto far risparmiare al sistema sanitario statunitense circa 7 miliardi di dollari l’anno. Se i livelli di risparmio ipotizzati per il sottogruppo indicato fossero estesi alla popolazione generale, il risparmio complessivo per il sistema sanitario americano sarebbe di circa 46 miliardi di dollari l’anno: una cifra in termini assoluti molto significativa, anche se comunque ridotta in rapporto alla mastodontica spesa sanitaria Usa (la più alta del mondo), che nel 2016 è stata di circa 3.196.459 milioni di dollari (stima – fonte: Oecf.org).
Considerazioni
Come abbiamo osservato in altre occasioni, anche se la digital health può certamente contribuire a prevenire e curare le malattie in modo più efficace ed efficiente, essa ha comunque un prezzo in termini di aumento della circolazione di dati personali e sensibili che non dovrebbe essere mai trascurato. Prima di tutto dal legislatore, ma anche da chi offre tali strumenti e servizi.
È pur vero che i salti tecnologici sono talvolta caratterizzati da incidenti di percorso. Ma è anche vero che il consolidamento dell’utilizzo di una nuova tecnologia, specie in settori delicati e intrinsecamente pericolosi come quello medico, è possibile solo a condizione che esistano norme adeguate a contenere e ridurre i rischi associati a tale utilizzo.
Al di là degli aspetti privacy, un tema molto spinoso che tocca in modo diretto il settore della digital health è quello relativo alla classificazione degli strumenti che ne sono espressione. A cominciare dalle app. La linea di confine tra app semplicemente e genericamente funzionali al wellness e app diagnostiche/terapeutiche, soggette alla disciplina sui dispositivi medici, è ancora labile, anche perché le norme – nonostante gli sforzi dei legislatori, come quello statunitense con le guideline sulle mobile medical applications emanate dalla Fda, e quello europeo con linee guida Meddev 2.1/6 e il nuovo regolamento sui dispositivi medici (Ue) 2017/745 – non riescono a tenere il passo del progresso tecnologico, rapidissimo e inarrestabile.