Mappe digitali: utili contro le epidemie, ma c’è qualche criticità legale

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Questo articolo è stato pubblicato su AboutPharma Online il 20 ottobre 2017.

Le epidemie sono un fenomeno che molti riferiscono al passato, ma che purtroppo destano anche oggi molta preoccupazione. Quindi, rappresentano sempre un fenomeno di attualità. Basti pensare – guardando anche solo agli ultimi anni – all’epidemia del virus Ebola, che ha registrato alcuni casi anche nel nostro Paese. O alle epidemie di influenza aviaria e suina o alla Sars, che hanno molto impensierito e che hanno interessato in pratica tutto il nostro pianeta. I pericoli delle epidemie moderne sono oltremodo incrementati dalla frequenza e velocità con cui le persone si spostano. Questo contribuisce ulteriormente alla propagazione del contagio e ne rende più difficile il contenimento. In questo contesto, l’uso di mappe digitali, gestite ed elaborate in modo opportuno, si sta rivelando uno strumento molto utile per prevenire, monitorare e contenere le epidemie.

Le mappe digitali per monitorare la malaria

Le iniziative in questo settore sono già diverse. Per esempio, alcuni ricercatori stanno usando le immagini catturate da alcuni satelliti della Nasa per prevedere le epidemie di malaria individuando le aree paludose in cui la zanzara anofele, veicolo della malaria, è in grado di crescere e riprodursi. Ci sono infatti aree che di norma non presentano particolare rischio malarico ma che, a seguito di eventi meteorologici (piogge persistenti o inondazioni) o di interventi umani (deforestazione, sfruttamento minerario), possono diventare “terreno fertile” ed esporre gli abitanti al rischio di contagio. In questo caso è possibile sottoporre la popolazione a un’adeguata profilassi, impedendo così un’epidemia.

I casi più interessanti di mappe digitali per visualizzare epidemie e zone a rischio

Tra le iniziative interessanti c’è Healthmap, che consente di monitorare e visualizzare in tempo reale su un planisfero lo stato delle principali e più temute malattie umane e animali nelle diverse parti del mondo. Un altro progetto degno di nota è la International Travel and Health Interactive Map dell’Oms, che permette di visualizzare su un planisfero le aree geografiche interessate dal rischio di contagio di particolari malattie (encefalite giapponese, Chikungunya, epatiti, meningite, polio, rabbia, schistosomiasi, febbre gialla etc.). E quindi di consentire ai viaggiatori di premunirsi e vaccinarsi prima di intraprendere un viaggio in quelle zone. Significativa è anche la US Health Map, che fa visualizzare su una mappa degli Stati Uniti i casi di decesso e il livello di rischio connessi a diversi fattori e malattie. Come il cancro, il fumo, l’assunzione di alcol e il diabete.

La cartografia per gestire l’abuso di oppiacei

L’utilizzo di mappe digitali si sta rivelando molto utile anche per gestire il crescente problema dell’abuso di oppiacei. Una piaga tremenda che negli Stati Uniti miete migliaia di vittime ogni anno e provoca costi economici e sociali enormi. La Washington/Baltimore Hidta (High intensity drug trafficking areas) ha messo a punto un’app, ODMap, che permette agli operatori di polizia e sanitari di tracciare in tempo reale gli episodi di overdose tramite la raccolta e l’elaborazione delle segnalazioni inserite nel sistema direttamente dagli utenti. Inoltre, attraverso sofisticati calcoli predittivi e di “patternalization”, è in grado persino di prevedere le aree in cui è più probabile che si verifichi una “epidemia” di overdose. E questo consentirebbe agli operatori di intervenire in anticipo.

Un esperimento nel Regno Unito per il monitoraggio dell’influenza

Nel Regno Unito il mese scorso alcuni ricercatori hanno avviato un esperimento con il fine di monitorare la diffusione dell’influenza nel Paese. Attraverso un’app, alcuni volontari possono trasmettere in modo anonimo i loro segni vitali, i loro spostamenti e il numero di persone con cui entrano in contatto. I dati saranno in seguito elaborati per simulare lo scenario di un’eventuale pandemia influenzale nel Paese e quindi aiutare le autorità a elaborare un piano di emergenza il più possibile affidabile e idoneo a limitare la diffusione del contagio.

Le criticità delle mappe digitali dal punto di vista legale

Queste tecnologie potrebbero essere in effetti molto utili, ma sollevano diversi temi giuridici. Legati soprattutto alla tutela della riservatezza, della dignità e della salute delle persone. L’esperimento avviato nel Regno Unito evidenzia per esempio un grosso tema legato alla tutela della privacy e al trattamento dei dati sensibili. In primo luogo, la legittimità dell’utilizzo di app di questo genere si basa sulla necessità che venga posta in essere una effettiva anonimizzazione. Dovrebbero essere rese anonime le informazioni relative ai segni vitali, agli spostamenti e al numero di persone con cui si entra in contatto. Sulla base della nostra esperienza, in molti casi gli sviluppatori di app sottovalutano questo aspetto. E non adottano tutte le misure necessarie per garantire la conformità dell’app con la normativa sulla privacy. Soprattutto data la complessità di conformarsi alla normativa di diversi Paesi.

Il rischio di essere identificati come “untori”

L’anonimizzazione è un tema molto delicato soprattutto perchè con le tecnologie di cui si dispone risulta sempre più difficile immaginare che non si possa risalire ai dati anagrafici degli interessati. Ciò renderebbe tali dati identificabili e quindi personali. E non basterebbe usare tecniche di cifratura o criptazione per trasformarli in dati davvero anonimi. Peraltro, può anche rientrare tra le finalità delle competenti autorità sanitarie poter identificare le persone “infette”, o potenzialmente tali, ai fini di circoscrivere con più efficacia l’epidemia. Tuttavia, questo potrebbe essere pregiudizievole per gli individui, che potrebbero finire con l’essere identificati, dalle stesse autorità o dalla società, come moderni untori, e per tale motivo stigmatizzati, temuti e perfino oggetto di provvedimenti restrittivi.

La questione dei dati sensibili

Non si può trascurare, inoltre, che in questo modo le autorità preposte al controllo potrebbero venire in possesso di una quantità significativa di informazioni. Dati relativi alle persone, ai luoghi che frequentano e alle attività che svolgono. Così crescerebbero in modo esponenziale le capacità di controllo pubblico sugli individui, con tutti i rischi che ne conseguono. Molte di queste informazioni sono sensibili. In modo diretto o indiretto. Perché attengono alle condizioni di salute o perché potrebbero far ricavare dati sulle abitudini sessuali o sulle opinioni politiche. E queste ultime, se non protette in modo corretto, potrebbero essere fonte di discriminazione. Sarebbe quindi essenziale mettere le persone nelle condizioni di capire e valutare i concreti rischi di questo tipo di trattamento dei dati personali. E predisporre misure di sicurezza sofisticate, atte a proteggere dati così delicati dal rischio di perdite accidentali o furti deliberati.

Il pericolo di azioni preventive sproporzionate

Ma non ci sono solo i rischi connessi a un possibile trattamento illegittimo di dati sensibil. Per esempio, l’individuazione in modo statistico/probabilistico di aree in cui potrebbe svilupparsi un’epidemia potrebbe di certo aiutare ad evitare che essa si sviluppi. O comunque a limitarne gli effetti. Ma potrebbe anche indurre le autorità sanitarie ad adottare misure preventive sproporzionate e troppo anticipate. Si pensi, per esempio, al caso in cui l’autorità decida di isolare in modo precauzionale un’area solo sulla base della possibilità, elaborata da un software e rilevata su una mappa, che in essa si possa sviluppare un contagio, e che esso possa evolversi a tal punto da innescare un fenomeno epidemico.

La limitazione della libertà personale sarebbe probabilmente in questo caso eccessiva, perché non sorretta da un rischio reale, ma solo potenziale. La stessa indicazione di tipo puramente probabilistico e automatico potrebbe anche indurre l’autorità a sottoporre in modo indiscriminato gli abitanti di un’area a un trattamento sanitario obbligatorio. Per esempio, la profilassi antimalarica. E in questo modo li esporrebbe ai pericoli legati all’assunzione di un farmaco in relazione a un rischio sanitario magari privo di effettiva concretezza. O comunque sovrastimato. Anche questi strumenti, come tutti quelli che si fondano sul connubio tra la pervasività delle tecnologie digitali e la sensibilità della salute umana, dovrebbero essere oggetto di attento scrutinio da parte degli interpreti. E di un’adeguata regolamentazione da parte del legislatore.

Articolo inserito in: AboutPharma, Life Sciences
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