La Commissione Europea infligge sanzione da 875 milioni di euro a BMW, Volkswagen e Daimler per cartello sulle emissioni

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26 Luglio 2021
Grazie a Claudia Martorelli per aver collaborato a questo articolo

L’8 luglio 2021 la Commissione Europea ha annunciato l’imposizione di una sanzione da 875 milioni di euro alle case automobilistiche tedesche BMW, gruppo Volkswagen (composto da Volkswagen, Audi e Porsche) e Daimler (produttrice delle automobili marchio Mercedes e Smart), per aver ostacolato l’uso e lo sviluppo di tecnologie non inquinanti per ridurre le emissioni delle auto diesel. Tutte hanno riconosciuto il loro coinvolgimento nel cartello, tuttavia, Daimler ha evitato la sanzione avendo segnalato la collusione all’autorità.

La Commissione ha sanzionato la condotta collusiva posta in essere dal 2009 al 2014, periodo durante il quale le case automobilistiche hanno regolarmente partecipato a riunioni con lo scopo di accordarsi sugli sviluppi tecnici relativi alla riduzione catalitica selettiva (“sistema SCR”), una tecnologia necessaria per eliminare le emissioni nocive di ossido di azoto delle auto diesel attraverso l’iniezione di urea (conosciuta anche come “AdBlue”) nello scarico flusso di gas.

In particolare, le aziende avevano raggiunto accordi sulle dimensioni del serbatoio di AdBlue, sulla sua autonomia, sul suo consumo medio e avevano anche proceduto allo scambio di informazioni sensibili su tali elementi, rimuovendo l’incertezza sulla loro futura condotta di mercato rispetto alla possibilità di adottare sistemi che avrebbero permesso una maggiore pulizia delle emissioni rispetto a quella minima richiesta dalla legge. In tal modo, le aziende avrebbero quindi impedito l’uso di una migliore tecnologia già disponibile, limitando la concorrenza sulle caratteristiche di un prodotto rilevanti per i consumatori.

La Commissione ha considerato che tale condotta avesse “per oggetto” la restrizione della concorrenza. Giova qui richiamare la giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo la quale una condotta collusiva che ha “per oggetto” la restrizione del mercato, rientra tra quelle condotte che rilevano un grado di dannosità tale per cui possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza (Groupement des cartes bancaires v. Commissione). In particolare, la condotta sarebbe sussumibile nella fattispecie prevista dall’art. 101 comma 1 lett. b del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (“TFUE”) e dall’art. 53 comma 1 lett. b dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo, i quali vietano gli accordi tra imprese suscettibili di alterare la concorrenza tra Stati Membri nel mercato interno (anche) attraverso la limitazione o il controllo dello sviluppo tecnico di un prodotto.

Si tratta del primo caso in cui la Commissione ha concluso che la collusione in merito allo sviluppo tecnico di un prodotto sia qualificabile come istituzione di un cartello. Il caso in oggetto è un esempio di come la cooperazione tecnica legittima tra imprese possa sfociare in una pratica anticoncorrenziale e nociva per il mercato. Allo stesso modo, il caso è la dimostrazione di come il diritto della concorrenza possa essere uno strumento per agevolare il raggiungimento degli obbiettivi stabiliti nel Green Deal, attraverso la preservazione di una sana concorrenza e di una forte spinta innovativa.

Essendo questa la prima decisione di divieto di cartello avente ad oggetto esclusivamente una condotta restrittiva dello sviluppo di un prodotto, piuttosto che la fissazione dei prezzi o la ripartizione del mercato, l’autorità ha applicato una riduzione della sanzione a favore di tutte le aziende coinvolte. Le sanzioni sono state determinate sulla base delle linee guida adottate dalla Commissione nel 2006, le quali specificano i criteri da seguire nell’applicazione delle sanzioni in caso di condotte anticoncorrenziali a norma degli articoli 101 e 102 TFUE. In particolare, la Commissione ha tenuto conto del valore delle vendite delle auto diesel fornite del sistema SCR relative allo spazio economico europeo nel 2013 (l’ultimo anno interessato per intero dalla condotta abusiva), la gravità della violazione e la sua portata geografica.

In virtù della Comunicazione concernente la transazione nei procedimenti antitrust che hanno ad oggetto condotte collusive, la Commissione ha ridotto del 10% le sanzioni inflitte in quanto tutte le aziende hanno riconosciuto la loro partecipazione nel cartello e la loro responsabilità in tale violazione. Alla casa automobilistica BMW è stata quindi imposta una sanzione di circa 370 milioni. In virtù della comunicazione del 2006 della Commissione in merito ai programmi di clemenza per le imprese che denunciano l’esistenza di condotte collusive, Daimler ha beneficiato dell’immunità completa, evitando una sanzione di circa 727 milioni, mentre il gruppo Volkswagen, grazie alla collaborazione nell’indagine portata avanti dall’autorità, ha beneficiato di una riduzione del 45% della sanzione originale, arrivando ad un totale di 502 milioni.

Il testo completo della Decisione è in attesa di pubblicazione. Successivamente, data le peculiarità dell’oggetto del cartello, occorrerà esaminare se e in che misura potranno instaurarsi richieste di risarcimento danni. Tale caso appare infatti differente da quanto accaduto nel 2016, quando la Commissione Europea ha sanzionato con una multa di complessivi 2,926 miliardi di euro i principali costruttori di veicoli industriali – Daf, Daimler, Iveco, MAN, Renault Trucks e Volvo Trucks – per un cartello durato 14 anni, dal 1997 all’inizio del 2011, in cui parte delle condotte avevano riguardato altresì il coordinamento della tempistica di introduzione di alcune tecnologie atte a ridurre le emissioni (dall’Euro III all’Euro VI) per rispondere alle normative europee, trasferendo sui clienti i relativi costi tecnologici.

Articolo inserito in: Automotive & Mobility
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