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Lo scorso 31 maggio il Centro Nazionale di Coordinamento dei Comitati Etici (CNCCE) ha aggiornato i propri modelli di contratto di sperimentazione su medicinali e dispositivi medici, che costituiscono il punto di riferimento per disciplinare i rapporti fra promotori, CRO e centri di ricerca nell’ambito delle attività di sperimentazione.
Come noto, i contratti predisposti dal CNCCE individuano il contenuto minimo dell’accordo fra i promotori e i singoli centri, ai sensi dell’art. 2, comma 6, della L. n. 3/2018 (c.d. legge Lorenzin), al fine di garantirne “l’omogeneità degli aspetti amministrativi, economici e assicurativi”.
Le nuove bozze di contratto per i medicinali e i dispositivi medici – in larga parte omogenee fra loro salvo differenze legate alla diversità dei prodotti – introducono numerosi cambiamenti rispetto alle precedenti versioni. Alcuni di essi sono prettamente formali, come i richiami alla nuova normativa di riferimento – Regolamento (UE) 2014/536 per i medicinali e Regolamento (UE) 2017/745 per i dispositivi medici – ora presenti e che ancora mancavano. Altri invece introducono modifiche sostanziali ai modelli di contratti preesistenti, talvolta al fine apparente di assecondare i bisogni e le istanze dei promotori, a volte invece tendenti a garantire clausole il più possibile omogenee nei contratti di sperimentazione su tutto il territorio nazionale.
Bisognerà attendere l’implementazione dei nuovi modelli e la loro diffusione sul territorio per valutare l’effettiva portata delle modifiche introdotte e se queste solleveranno nuove rilevanti questioni a livello applicativo.
Vediamo di seguito alcune delle modifiche a nostro avviso più significative.
La necessità di giustificare le variazioni al modello
Fra le novità più rilevanti, i nuovi modelli contrattuali forniti dal CNCCE esplicitano per la prima volta, nelle premesse, che ogni modifica/integrazione rispetto al modello deve essere: (i) giustificata dalla specificità e peculiarità della singola sperimentazione e (ii) motivata all’interno del contratto.
Al momento, dalla formulazione utilizzata non è chiaro se sia necessario di indicare, una ad una, le singole modifiche e integrazioni apportate, con la relativa giustificazione, o se al contrario sia sufficiente fornire una giustificazione più generale alla base delle variazioni proposte. Probabilmente questo aspetto dovrà essere valutato caso per caso, tenendo presente che tale adempimento – soprattutto qualora i centri chiedessero, ai fini della stipula del contratto, una giustificazione per ogni singola variazione – potrebbe rappresentare un fattore di allungamento dei tempi di negoziazione, con l’effetto di scoraggiare nel tempo la proposizione di modifiche al modello di base da parte dei promotori.
La previsione sul conflitto di interessi
Un’altra novità è quella relativa alla clausola sul conflitto di interessi (art. 3.4). La vecchia formulazione, valida per entrambi i contratti (farmaci e dispositivi medici), vietava allo sperimentatore principale e ai co-sperimentatori, fra le altre, di “avere contatti o intrattenere rapporti di qualsiasi natura, che non siano di carattere scientifico” con il promotore e la CRO. Tale formulazione, che rifletteva l’originario art. 6 del D.lgs. n. 52/2019, appariva estremamente generica nonché, in potenza, eccessivamente ampia, idonea da sola ad attrarre a sé e a vietare a priori rapporti non necessariamente problematici.
La nuova clausola, recependo la modifica fatta all’art. 6 del D.lgs. n. 52/2019 dalla L. n. 77/2020, elimina il predetto inciso e richiama espressamente la nuova norma che prevede non un generico divieto bensì specifici obblighi dichiarativi in capo allo sperimentatore. In particolare, quest’ultimo dovrà dichiarare preventivamente alla struttura di appartenenza: (i) gli interessi finanziari propri, del coniuge, del convivente o del parente entro il secondo grado rispetto alla sperimentazione; (ii) i rapporti di dipendenza, consulenza o collaborazione, a qualsiasi titolo, con il promotore, in qualunque fase della sperimentazione vengano a costituirsi, nonché (iii) l’assenza – nel capitale dell’azienda titolare del farmaco sperimentale – di partecipazioni azionarie dello sperimentatore, del coniuge o del convivente. Spetterà poi al Comitato Etico competente valutare, sulla base di tali dichiarazioni, la sussistenza di eventuali situazioni di conflitto.
Dunque, la presenza di eventuali interessi o relazioni deve essere resa trasparente sin dal principio, per essere in seguito sottoposta alla valutazione indipendente del Comitato Etico al fine di stabilirne – caso per caso – l’eventuale ammissibilità, senza alcun divieto a priori in tale senso.
La legge regolatrice del contratto e il foro competente
Altra novità degna di nota riguarda la clausola sulla normativa applicabile ed il foro competente per eventuali controversie derivanti dai contratti di sperimentazione con gli enti, sia per i medicinali che per i dispositivi medici (art. 16).
La clausola standard dei precedenti modelli del CNCCE indicava unicamente la legge italiana quale possibile legge regolatrice del contratto. Inoltre, nei fatti, difficilmente i singoli centri accettavano modifiche volte a sottoporre il contratto alle leggi di altro Stato. Quanto al foro competente, era indicato espressamente quello di esecuzione del contratto, dunque quello del tribunale italiano territorialmente competente in relazione alla sede del centro di sperimentazione.
Nella pratica, tuttavia, accade frequentemente che i promotori siano soggetti stranieri, anche extraeuropei, e che portino avanti la sperimentazione in una pluralità di centri clinici situati in diversi Paesi. Da qui la possibile esigenza di sottoporre, anche per ragioni di omogeneità, tutti i contratti in corso alla medesima disciplina di legge, eventualmente straniera, nonché quella correlata di attribuire alle corti dello Stato straniero la giurisdizione su eventuali controversie che dovessero insorgere fra le parti.
Tale esigenza sembra essere stata presa in considerazione dal CNCCE all’interno dei nuovi modelli di contratti, che infatti prevedono espressamente:
- la possibilità, nel caso di studi internazionali multicentrici e qualora le parti siano di nazionalità diversa, di indicare quale legge regolatrice del contratto una legge di un Paese diverso dall’Italia, purché applicata dal promotore a tutti i contratti con i centri partecipanti, e fatte salve naturalmente le norme di applicazione necessaria dell’ordinamento italiano (in particolare i documenti citano quelle relative “alla tutela dei diritti dei pazienti”);
- la competenza in via esclusiva del foro del promotore per eventuali controversie che dovessero sorgere in relazione al contratto, con la precisazione in nota che qualora lo studio sia monocentrico “le parti possono convenire che il foro competente sia quello dell’Ente”.
Pertanto, si concretizza la possibilità che il promotore straniero di una sperimentazione internazionale multicentrica (fattispecie tutt’altro che rara) possa fare riferimento alle leggi e ai tribunali del proprio Stato di provenienza nel disciplinare i singoli accordi con le strutture sanitarie.
Gli obblighi di fornitura dei medicinali
Per le sole sperimentazioni di farmaci, segnaliamo alcune modifiche apportate alle previsioni sugli obblighi di fornitura dei medicinali nell’ambito della sperimentazione (art. 4).
Riguardo l’obbligo da parte del promotore di continuare a fornire gratuitamente il medicinale sperimentale anche al termine della sperimentazione, per esigenze di continuità terapeutica, la nuova formulazione adottata dal CNCCE da un lato esplicita che tale obbligo sorgerebbe per effetto della decisione dei medici di proseguire la terapia, anche a prescindere dall’applicabilità del D.M. n. 7/2017 (disciplina sull’uso terapeutico del medicinale sottoposto a sperimentazione), dall’altro fa espressamente salvi eventuali “motivi in contrario da precisarsi per iscritto”, apparentemente consentendo al promotore di avanzare motivazioni contrarie alla prosecuzione della fornitura.
Infine, il nuovo modello del CNCCE si premura di specificare che il promotore ha l’obbligo di fornire a proprio carico, se previsto dal protocollo, anche gli eventuali medicinali ausiliari (intesi quali medicinali diversi da quelli sperimentali, comunque utilizzati nell’ambito della sperimentazione e necessari alla sua corretta esecuzione) e l’eventuale terapia di background (intesa quale terapia standard della patologia oggetto di studio, che sarebbe stata somministrata ai pazienti indipendentemente dalla loro partecipazione alla sperimentazione) qualora inclusa, secondo il protocollo sperimentale, nel confronto fra le diverse strategie terapeutiche oggetto di sperimentazione. Questa precisazione laddove limita la terapia di background a carico del promotore a quella necessaria per il confronto con il farmaco sperimentale, ci sembra comunque in linea con le previsioni del D.M. 21 dicembre 2007 (Allegato 1, punto 3, Tabella 1), per cui non aggiungerebbe nulla rispetto a quanto già ad oggi previsto.
La cessione dei dati e risultati nelle sperimentazioni no-profit
Infine, con specifico riferimento al modello di contratto per le sperimentazioni indipendenti, l’art. 14 è stato integrato con un comma dedicato alla cessione e al trasferimento di dati e risultati per finalità di registrazione o di sviluppo del medicinale sperimentale, che potrà avvenire esclusivamente alle condizioni stabilite dall’art. 3 del Decreto del Ministero della Salute 30 novembre 2021.
Al riguardo, è interessante sottolineare due aspetti. In primo luogo, il modello di contratto fa riferimento all’emanazione di un apposito decreto ministeriale, previsto dall’art. 1, c. 2, lett. g, n. 6 della legge n. 3/2018, che dovrebbe individuare specifici meccanismi di compensazione o di partecipazione agli eventuali utili derivanti dalla commercializzazione dei risultati delle ricerche attraverso l’individuazione di apposite percentuali e delle modalità di assegnazione delle stesse. Inoltre, il modello stabilisce che nelle more dell’emanazione del decreto la stima del valore dei dati da trasferire dovrà necessariamente tenere in considerazione l’apporto dei centri pubblici di ricerca all’ideazione e allo sviluppo dei dati e risultati oggetto di cessione, prevedendo meccanismi di compensazione o di partecipazione dei centri agli eventuali utili e benefici derivanti dalla loro commercializzazione.
In secondo luogo, aspetto di grande importanza, il modello di contratto sembra suggerire che, ai fini della cessione dei dati a un terzo acquirente, non sia necessario acquisire il consenso degli interessati o porre in essere quelle procedure previste dal Codice privacy per ovviare alla mancanza di consenso nei casi in cui sia impossibile acquisirlo (essenzialmente ottenendo l’autorizzazione del Garante privacy). Infatti, il modello di contratto si limita a precisare che “In relazione al disposto dell’art. 3 comma 5 del D.M. 30 novembre 2021, le Parti si impegnano a dare comunicazione dell’avvenuta cessione sui propri siti istituzionali, a titolo di informativa ai pazienti coinvolti nella Sperimentazione”. Dunque, informare i pazienti sarebbe sufficiente per il trasferimento dei dati a un terzo, in quanto la base giuridica di questo ulteriore trattamento sarebbe individuabile nello stesso decreto ministeriale. Certamente questo approccio porterebbe ad una notevole semplificazione degli adempimenti connessi alla cessione dei dati.