Brevetti di secondo uso nel pharma: vantaggi, limiti e sfide

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12 Aprile 2018
Questo articolo è stato pubblicato su AboutPharma Online il 12 aprile 2018.

L’uso di brevetti di secondo uso nel pharma, ovvero di molecole già sul mercato per la cura di patologie diverse da quelle per cui erano state originariamente sviluppate, è perseguito in modo sempre più sistematico dalle imprese. Perché consente un rientro più sicuro sugli investimenti fatti per la ricerca, lo sviluppo, la sperimentazione e l’approvazione delle molecole. E anche perché consente di offrire ai pazienti nuove cure con maggiore rapidità, minore costo e margini di sicurezza più ampi.

La copertura brevettuale del nuovo uso terapeutico

Naturalmente, gli investimenti nella ricerca svolta per perseguire il secondo uso terapeutico hanno senso, dal punto di vista economico e commerciale, se quest’ultimo può essere oggetto di esclusiva brevettuale. Cosa che è consentita nei principali ordinamenti, come quello europeo e statunitense. Tuttavia, la copertura brevettuale del nuovo uso ha logicamente scadenza successiva a quella eventualmente relativa alla prima, originaria, indicazione terapeutica della stessa molecola. Con la conseguenza che si viene a creare un periodo di “interregno”. Nel corso di questo interregno, il primo uso terapeutico della molecola non è più coperto da brevetto. E con riferimento a esso è pertanto lecita la produzione e commercializzazione dei relativi farmaci generici. Il secondo uso, invece, è ancora coperto da brevetto. E il relativo farmaco può quindi essere prodotto e commercializzato solo dal titolare del brevetto o con il suo consenso.

Materia di dibattito

Questa situazione ha fatto sì che, negli ultimi anni, i brevetti che coprono le invenzioni farmaceutiche di secondo uso siano stati oggetto, in diversi Paesi, di contenzioso e di acceso dibattito in merito alla loro efficacia e tutelabilità. Anche alla luce della crescente tensione tra la necessità di remunerare in modo adeguato, e quindi incentivare, la ricerca e lo sviluppo di nuove terapie, e il bisogno di contenere la spesa pubblica.

Il caso della molecola pregabalin

Un esempio di ampio respiro riguarda la molecola pregabalin. All’inizio, era stata brevettata per il trattamento dell’epilessia e del disturbo d’ansia generalizzato (Gad). Successivamente, si è scoperta la sua efficacia anche nel trattamento del dolore neuropatico. Questa seconda indicazione terapeutica è stata oggetto di un successivo e diverso brevetto (di secondo uso) tuttora in vigore. Invece, il brevetto che copriva la prima indicazione terapeutica è ormai scaduto. Ciò ha comportato che il farmaco generico, entrato in modo legittimo sul mercato per la cura dell’epilessia e del Gad, sia in genere prescritto mediante il riferimento alla sola molecola, e sia quindi dispensato anche per la cura del dolore neuropatico, in violazione del brevetto di secondo uso.

In diversi Paesi (tra cui Regno Unito e Germania), il titolare del brevetto di secondo uso ha agito nei confronti dei genericisti. Lo ha fatto lamentando la violazione della sua esclusiva brevettuale. I giudizi sono ancora pendenti, ma le questioni discusse hanno evidenziato diversi temi, opportunità e criticità, a seconda del punto di vista, per gli originator o e i genericisti.

Nel corso del seminario “Brevetti di secondo uso: vantaggi, limiti e sfide nel settore farmaceutico“, in programma a Milano il 19 aprile, esamineremo con esempi concreti e approfondiremo con spunti e riferimenti di carattere comparatistico, le questioni sopra accennate. E in particolare i temi dell’effettività della tutela brevettuale. Anche nel contesto della partecipazione alle gare d’appalto per la fornitura di farmaci e delle modalità di prescrizione e dispensazione dei medicinali.

Articolo inserito in: AboutPharma, Life Sciences-Healthcare
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