-
Link all'articolo in lingua originaleLink all'articolo in lingua originale
Che si tratti di cessione dell’intera azienda, o unicamente di un ramo di essa, il mantenimento dei contratti individuali di lavoro ha un futuro in Francia e in Italia?
La questione concerne in particolare le successioni, la vendita, la fusione, le operazioni sul capitale sociale, ma anche il trasferimento di parte dell’azienda nonché i contratti di affitto di azienda.
Vengono di seguito analizzate le evoluzioni sul tema in Francia e in Italia.
IL PRINCIPIO COMUNE E TRADIZIONALE DEL TRASFERIMENTO AUTOMATICO DEI CONTRATTI DI LAVORO
Il diritto francese, così come il diritto italiano, prevedono il trasferimento automatico dei contratti di lavoro tra il precedente datore di lavoro e l’acquirente dell’azienda o del ramo d’azienda.
In Francia la giurisprudenza francese opera un’interpretazione estensiva dell’articolo L. 1224-1 del codice del lavoro, anche alla luce dei principi affermatisi nel diritto europeo, prevedendo il mantenimento dei contratti al realizzarsi delle seguenti condizioni:
- trasferimento di una “entità economica autonoma”, vale a dire un insieme organizzato di persone e di beni materiali o immateriali che consentano l’esercizio di un’attività economica avente un obiettivo proprio;
- mantenimento dell’identità di tale entità, con la continuazione, o la ripresa, della relativa attività da parte dell’acquirente.
In Italia la normativa applicabile (articolo 2112 del codice civile) è molto simile a quella francese, essendo entrambe ispirate al diritto comunitario, in particolare per quanto concerne la definizione di “entità economica autonoma”.
I contratti di lavoro vengono quindi trasferiti di diritto al nuovo datore di lavoro. In Francia, l’unica formalità richiesta è l’obbligo di informare il personale dell’impresa avente meno di 250 dipendenti e l’obbligo di informare e consultare il Comité d’Entreprise esclusivamente in caso di impresa avente più di 50 dipendenti. In Italia, è invece previsto un ruolo di rilievo per le rappresentanze sindacali delle imprese aventi più di 15 dipendenti. Ne discende, quindi, che le imprese italiane sono maggiormente coinvolte nel processo di trasferimento. La legge italiana prevede inoltre a carico del cedente e del cessionario l’obbligo di comunicazione scritta ai sindacati presenti all’interno dell’impresa 25 giorni prima del trasferimento (art. 47 della l. n. 428/90). Entro 7 giorni dal ricevimento della comunicazione, i rappresentanti sindacali possono richiedere ai due imprenditori coinvolti nell’operazione un esame congiunto della situazione relativa al trasferimento. Beninteso, i sindacati non dispongono del diritto di ostacolare od opporsi alla cessione, in quanto il loro ruolo è esclusivamente consultivo. Tuttavia, qualsiasi impedimento da parte dei datori di lavoro a tale consultazione sarebbe considerato come impedimento dell’esercizio dei diritti sindacali all’interno dell’impresa e, pertanto, passibile di sanzioni.
LA RELATIVIZZAZIONE DEL PRINCIPIO RECENTEMENTE AFFERMATASI IN FRANCIA VERRÀ ACCOLTA ANCHE IN ITALIA?
Le disposizioni poc’anzi menzionate hanno, sia in Francia, che in Italia, carattere imperativo. Ne consegue che né i dipendenti interessati, né i datori di lavoro che succedono possono in linea di principio opporsi al trasferimento dei contratti di lavoro. Qualsiasi disposizione contraria risulterebbe nulla. Parimenti, qualsiasi licenziamento dei dipendenti interessati avvenuto anteriormente al trasferimento dell’azienda risulterebbe privo di efficacia.
Tuttavia, la loi Travail del 2016 e recentemente le ordinanze del Governo Macron del settembre 2017, hanno apportato una modifica al meccanismo del trasferimento automatico dei contratti di lavoro. Tale modifica, pur non avendo attirato particolare attenzione (forse anche perché l’art. L. 1224-1 in analisi non è stato modificato), è in realtà rilevante.
È stata introdotta un’eccezione al divieto di licenziamento antecedente il trasferimento d’azienda, prevista in favore delle imprese aventi più di 50 dipendenti interessati nell’attuazione di un “piano di salvaguardia del lavoro” (in Francia conosciuto con l’acronimo “PSE” – plan de sauvegarde de l’emploi – la cui previsione costituisce attualmente un obbligo legale per i datori di lavoro intenzionati al licenziamento collettivo di almeno 10 dipendenti in 30 giorni).
Qualora, al fine di evitare la chiusura dell’impresa o di uno o più stabilimenti della stessa, il PSE preveda il trasferimento di uno o più entità economiche al fine di salvaguardare posti di lavoro, e la società intenda accettare un’offerta di acquisto, allora l’ordinamento francese ammette che i licenziamenti “economici” avvengano prima del trasferimento. Il cessionario avrà nella propria impresa esclusivamente i dipendenti che non sono stati licenziati dal cedente al giorno del trasferimento dell’azienda. Quest’ultimo dovrà pertanto essere in grado di dimostrare che, in assenza di trasferimento, gli stabilimenti oggetto di cessione sarebbero stati chiusi e che il numero di licenziamenti sarebbe, di conseguenza, stato maggiore.
L’ordinamento francese conosce quindi una deroga al principio generale, giustificata dall’intento di favorire la ripresa economica delle imprese. Le imprese con meno di 50 dipendenti restano tuttavia sottoposte al principio generale del trasferimento automatico dei contratti di lavoro.
Dinanzi a tale evoluzione, sorge spontaneo chiedersi se l’Italia seguirà i medesimi sviluppi. In assenza di un istituto equivalente al PSE, il ruolo importante riconosciuto ai sindacati italiani nel procedimento di trasferimento di azienda potrebbe presentare delle garanzie sufficienti al mantenimento di un equilibrio tra gli interessi in gioco. L’Unione Europea, da parte sua, dovrà assumere una posizione chiara tra la logica, tralatizia, del mantenimento dei contratti di lavoro nell’impresa successiva e la possibilità di favorire la ripresa economica delle imprese, nella speranza che ciò possa ridurre il tasso di disoccupazione.