Il peer-to-peer lending (o social lending) rappresenta uno degli ambiti più dinamici e innovativi creati dalla rivoluzione fintech. La possibilità di offrire prestiti da privato a privato veicolati attraverso piattaforme online ha aperto un mercato nuovo e particolarmente promettente, anche in considerazione della difficoltà, soprattutto nella fase di startup di un’azienda ma non solo, di accedere al credito attraverso i canali tradizionali.
Inquadramento del fenomeno
Il fenomeno che ha dimensioni planetarie, anche per le significative dimensioni economiche assunte negli ultimi anni, ha attirato l’attenzione di legislatori e regolatori nell’intento di offrire una cornice giuridica allo stesso. In questa direzione dopo un’iniziale chiusura verso tali modalità di erogazione del credito, Bankitalia già in seguito al recepimento della direttiva PSD (Payment Service Directive) aveva autorizzato alcune società ad offrire i propri servizi in Italia. Qualche settimana fa (precisamente l’8 novembre scorso) è stato aggiunto un ulteriore tassello nel percorso di costruzione delle regole per il P2P Lending attraverso l’emanazione del Provvedimento recante disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche.
Il provvedimento che entrerà in vigore il 1° gennaio 2017, ha valore ricognitivo; non detta, infatti, nuove regole ma offre un significativo punto di vista circa la qualificazione giuridica del fenomeno ed i connessi aspetti regolamentari.
Anzitutto la sezione IX del provvedimento definisce il P2P Lending come “[…] uno strumento attraverso il quale una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme online, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto”. Nel rapporto veicolato attraverso le piattaforme online Bankitalia distingue tre tipologie di soggetti: (i) i gestori delle portali on-line; (ii) i finanziatori che offrono fondi tramite i portali on-line; e (iii) i prenditori ovverosia coloro i quali raccolgono fondi attraverso suddetti portali.
La raccolta del risparmio e le trattative personalizzate
Svolto tale inquadramento preliminare del fenomeno, Bankitalia chiarisce, sotto un profilo regolamentare, cosa “non costituisce” raccolta del risparmio presso il pubblico (attività riservata alle banche salvo specifiche eccezioni) tanto con riferimento ai gestori, quanto in relazione ai prenditori.
I gestori non raccolgono il risparmio allorquando: “[ricevono] fondi da inserire in conti di pagamento utilizzati esclusivamente per la prestazione dei servizi di pagamento dai gestori medesimi, se autorizzati a operare come istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica o intermediari finanziari di cui all’art. 106 del TUB autorizzati a prestare servizi di pagamento ai sensi dell’art. 114-novies, comma 4, del TUB; – [ricevono] fondi connessi all’emissione di moneta elettronica effettuata dai gestori a tal fine autorizzati”.
Entro tali ambiti, pertanto, i gestori possono operare senza essere delle banche a condizione di essere autorizzati come istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica, etc.
Dal canto loro i prenditori non raccolgono il risparmio presso il pubblico allorquando: “(i) [acquisiscono] fondi […] sulla base di trattative personalizzate con i singoli finanziatori. Al riguardo, avute presenti le modalità operative tipiche delle piattaforme di social lending, le trattative possono essere considerate personalizzate allorché i prenditori e i finanziatori sono in grado di incidere con la propria volontà sulla determinazione delle clausole del contratto tra loro stipulato e il gestore del portale si limita a svolgere un’attività di supporto allo svolgimento delle trattative precedenti alla formazione del contratto. Per non incorrere nell’esercizio abusivo della raccolta del risparmio, i prenditori si avvalgono esclusivamente di piattaforme che assicurano il carattere personalizzato delle trattative e sono in grado di dimostrare il rispetto di tale condizione anche attraverso un’adeguata informativa pubblica; (ii) [acquisiscono] fondi presso soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale, operanti nei settori bancario, finanziario, mobiliare, assicurativo e previdenziale”.
Particolarmente interessante appare sotto il profilo considerato il richiamo alle “trattative personalizzate” e alla conseguente necessità, per i gestori di proporre soluzioni contrattuali e tecnologiche che consentano a finanziatori e prenditori di svolgere tali trattative, dandone adeguata informativa a tali soggetti. Nell’ottica di Bankitalia, quindi, i gestori possono essere effettivamente considerati terzi allorquando si limitino a mettere in relazione finanziatori e prenditori che, in maniera personalizzata, andranno a negoziare le condizioni del prestito.
Sul punto il provvedimento precisa che “tale condizione [vale a dire le trattative personalizzate] si considera rispettata, ad esempio, allorché il gestore predisponga un regolamento contrattuale standard che costituisce solo una base di partenza delle trattative, che devono essere in ogni caso svolte autonomamente dai contraenti, eventualmente avvalendosi di strumenti informatici forniti dal gestore”. Solo il confronto con la pratica dei gestori consentirà di verificare l’interpretazione che il regolatore darà a tale disposizione.
Certo le possibilità offerte dalla tecnologia sono tante e, ad esempio, sarà interessante verificare se l’offerta di un set di clausole aggiuntive rispetto alle condizioni standard predisposte dal gestore del portale online, come tali nella piena disponibilità dei contraenti (liberi di sceglierle o meno), possa essere considerata sufficiente ad assicurare la dimostrazione che delle “trattative personalizzate” tra finanziatore e prenditore siano avvenute.
Il “contenuto importo” e l’assenza di limiti per le banche
Il provvedimento si sofferma di seguito su due ulteriori profili di particolare interesse. Da un lato, ribadisce che i gestori devono stabilire un limite massimo di “importo contenuto” all’acquisizione di fondi per il tramite delle piattaforme operate al fine di evitare che “soggetti non bancari” possano raccogliere fondi per ammontare rilevante presso un pubblico indeterminato di risparmiatori. Sotto altro conclusivo profilo Bankitalia ricorda che suddetto limite non sussiste per le banche che decidano di esercitare attività di social lending attraverso portali online.
Considerazioni conclusive
Il provvedimento commentato rappresenta un esempio, virtuoso, di come si possa innovare anche sul fronte regolamentare offrendo un’interpretazione delle norme che sappia bilanciare gli interessi di tutti i soggetti coinvolti in un settore particolarmente delicato come quello del credito e del risparmio.
L’intervento di Bankitalia è un primo passo di un percorso regolamentare che è appena agli inizi che non potrà che vedere coinvolti i nuovi player che si affacciano sul mercato, così come le banche che vorranno offrire alla propria clientela servizi veicolati con modalità innovative.
Pubblicato su Wired