Sono circa 50 i ricorsi definiti dal Garante Privacy per tematiche legate al diritto all’oblio dopo la sentenza Google Spain

27 Novembre 2015

A circa un anno e mezzo dalla nota sentenza della Corte di Giustizia UE nel caso Google Spain (C-131/12) (si veda la nostra newsletter del mese di giugno 2014 e di dicembre 2014, il Garante Privacy ha comunicato di aver definito circa 50 ricorsi contro il mancato accoglimento della richiesta di rimozione, dai risultati della ricerca, dei link a pagine web che contenevano il nominativo dei ricorrenti (cd. de-indicizzazione), formulata in prima battuta a Google. Sono ancora pendenti e in attesa di definizione una decina di ricorsi dinnanzi al Garante Privacy.

In accordo con quanto previsto dalla sentenza citata, gli utenti che si vedono negata la richiesta di de-indicizzazione possono, infatti, rivolgersi con ricorso alternativamente all’autorità nazionale per la protezione dei dati (ossia, per l’Italia, al Garante Privacy) o all’autorità giudiziaria per ottenere una pronuncia che obblighi Google ad aderire alla richiesta. Il Garante riporta, tuttavia, che questa opportunità è stata finora sfruttata da poche persone, nonostante le migliaia di richieste rigettate in prima battuta da Google.

In conclusione, il Garante afferma di aver accolto la richiesta solo in un terzo dei casi definiti, ordinando per l’effetto a Google di rimuovere i link dai risultati del motore di ricerca. Nel resto dei casi, il Garante ha avvallato la posizione di Google, sostenendo dapprima che i dati risultassero trattati nel rispetto del principio di essenzialità dell’informazione, e in ogni caso, che si trattasse, per lo più, di vicende processuali di interesse pubblico, talvolta di rilevanza locale, per talune delle quali non erano stati ancora esauriti i gradi di giudizio previsti.

Qui il link alla newsletter del Garante.

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