IL CONSIGLIO DI STATO DÀ IL VIA ALLA PUBBLICITÀ AL PUBBLICO DEI MEDICINALI “SOP”
Il Consiglio di Stato segna una svolta nella disciplina della pubblicità dei farmaci senza obbligo di prescrizione (SOP). Se fino a questo momento, infatti, la pubblicità al pubblico era ammessa (previa autorizzazione) solo per una parte dei medicinali rientranti in questa categoria, vale a dire i medicinali di automedicazione (i farmaci da banco, detti anche OTC dall’espressione inglese Over The Counter), il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2217 del 12 maggio 2017, ha esteso tale possibilità a tutti i SOP. A seguito di tale pronuncia, il Ministero della Salute non potrà più respingere richieste di autorizzazione alla pubblicità al pubblico di medicinali senza obbligo di prescrizione per il solo fatto che non sono OTC.
La pronuncia del Consiglio di Stato pone fine ad una controversia che ha avuto origine dal ricorso presentato dalla società titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio e dalla concessionaria per la vendita in Italia di talune specialità medicinali senza obbligo di prescrizione (farmaci sedativi e fluidificanti per la tosse) contro la nota con cui il Ministero della Salute aveva rifiutato l’autorizzazione alla pubblicità al pubblico di tali prodotti. La motivazione per il rifiuto dell’autorizzazione, infatti, era che tali medicinali, in quanto non rientranti nella categoria degli OTC, non potevano avere accesso alla pubblicità al pubblico. Le società interessate avevano impugnato il provvedimento dinanzi al TAR Lazio che, con sentenza n. 7539 del 25 giugno 2016, aveva accolto il ricorso e annullato la nota del Ministero. Tale sentenza era stata quindi appellata dal Ministero della Salute dinanzi al Consiglio di Stato.
Il rifiuto del Ministero della Salute di rilasciare autorizzazioni per la pubblicità al pubblico dei SOP (diversi dagli OTC) nasceva da un’interpretazione della normativa italiana che si era consolidata negli anni a partire dal 1992 e che non era mutata con l’emanazione del decreto legislativo n. 219/2006 (il Codice del farmaco). In particolare, i decreti legislativi che hanno preceduto l’emanazione del Codice del farmaco (decreti legislativi n. 539/1992 e n. 537/1993) hanno introdotto, nell’ambito della categoria dei farmaci non soggetti a prescrizione medica, la sotto-categoria dei medicinali OTC e hanno circoscritto solo a quest’ultima la possibilità di effettuare pubblicità al pubblico. Successivamente, il Codice del farmaco si è limitato a prevedere che i farmaci senza obbligo di prescrizione possano essere oggetto di pubblicità al pubblico nel rispetto delle norme vigenti, senza quindi modificare espressamente il regime stabilito dalla precedente normativa. Su questa base, anche a seguito dell’emanazione del Codice del farmaco, il Ministero della Salute continuava a ritenere non ammissibile e dunque non autorizzava la pubblicità dei medicinali senza obbligo di prescrizione che non fossero OTC.
La questione affrontata prima dal TAR e poi dal Consiglio di Stato è stata analizzata e risolta sulla base di analoghe motivazioni. Entrambe le corti affermano che il testo di riferimento per la pubblicità dei farmaci è oggi il Codice del farmaco. Quest’ultimo disciplina allo stesso modo, per quanto attiene al regime pubblicitario, tutti i farmaci non soggetti a prescrizione medica, senza fare alcuna espressa distinzione tra gli OTC e i restanti SOP.
E la conferma “decisiva” di tale interpretazione si ricava, secondo il Consiglio di Stato, dall’analisi della retrostante normativa comunitaria. Infatti, la direttiva 2001/83/CE, di cui il Codice del farmaco è attuazione, vieta la pubblicità al pubblico esclusivamente di farmaci con obbligo di prescrizione e di quelli contenenti sostanze psicotrope o stupefacenti. Dal momento che la direttiva è uno strumento di armonizzazione delle legislazioni nazionali all’interno dell’Unione europea, gli Stati membri non possono introdurre ulteriori limiti o restrizioni se non quando “strettamente necessario per tutelare interessi prevalenti, quale quello alla salute umana”. In assenza di tale presupposto, divieti ulteriori rischierebbero di essere incompatibili con le norme comunitarie, in quanto in grado di incidere sul funzionamento del mercato interno creando disparità tra gli operatori del settore a livello europeo.
Dunque, un’interpretazione delle norme interne alla luce del diritto europeo ha permesso al Consiglio di Stato, confermando la pronuncia del TAR del Lazio, di affermare che anche la pubblicità di medicinali senza obbligo di prescrizione diversi dagli OTC può essere autorizzata. Questa è la regola che da ora in avanti il Ministero della Salute sarà chiamato a seguire, eliminando quella disparità di trattamento tutta italiana che, negli anni, era stata surrettiziamente creata.
Questa sentenza risulta molto importante non soltanto per le immediate ricadute pratiche sulla pubblicità dei SOP, ma anche in quanto ulteriore conferma di un’attenzione della giurisprudenza amministrativa per la valorizzazione dei principi comunitari come chiave di lettura della legislazione nazionale, anche in materia farmaceutica. Questo approccio interpretativo delle norme nazionali che, talvolta, travalicano i limiti tracciati dalla normativa comunitaria introducendo ulteriori e non giustificate restrizioni, può rappresentare, infatti, nuove opportunità. Si pensi ad esempio alla pubblicità dei medicinali con obbligo di prescrizione medica. Come segnalato in precedenza, la direttiva comunitaria si limita a prevedere il divieto di pubblicità al pubblico di questa categoria di farmaci, intendendosi per pubblicità “qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di esortazione, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali”. Identica previsione è contenuta anche nel Codice del farmaco.
Eppure, in Italia, per una diffusa interpretazione restrittiva delle norme sulla pubblicità al pubblico dei farmaci con prescrizione medica, la maggior parte delle società farmaceutiche si astiene anche dalla mera pubblicazione sul proprio sito dell’elenco dei propri prodotti. E questa prassi permane nonostante una sentenza del 2011 della Corte di giustizia affermi espressamente che le imprese farmaceutiche possono “diffondere su un sito Internet informazioni relative a medicinali soggetti a prescrizione medica, qualora tali informazioni siano accessibili su tale sito esclusivamente a colui che vuole ottenerle e tale diffusione consista esclusivamente nella riproduzione fedele della confezione del medicinale […] nonché del foglietto illustrativo”, in quanto tale diffusione non costituisce pubblicità (causa C-316/09).
In tema di pubblicità di farmaci con obbligo di prescrizione la giurisprudenza italiana non ha ancora avuto modo di esprimersi. Come è successo per la pubblicità dei SOP, valorizzando un’interpretazione delle norme nazionali in senso conforme al diritto comunitario si potrebbero, anche in questo caso, aprire nuove opportunità per gli operatori italiani che ad oggi, analogamente a quanto avveniva per la pubblicità dei SOP, risultano penalizzati rispetto ai loro concorrenti europei.